giovedì 17 novembre 2011

Il vero interrogativo

A vedere come lo spread tra titoli italiani e Bund tedeschi continui ad andare più su che giù anche se l’Italia sembra essersi indirizzata con decisione su una nuova strada di serietà, ci si potrebbe domandare come mai i cosiddetti “mercati” non si fidino della svolta promessa da Giorgio Napolitano e Mario Monti. E una risposta potrebbe essere che Berlusconi, pur essendo fuori da palazzo Chigi, ha ancora la possibilità di controllare quelli che gli credono e quelli che ha comprato e quindi – come ha esplicitamente detto – minaccia di «togliere la spina» appena ne ha voglia.
Ma il vero interrogativo che dovremmo porci, visto quello che la finanza sta combinando in Europa e in America, consiste nel chiederci perché i governi si lascino sottrarre quasi tutto il loro potere dagli squali di quella finanza che non ha mai sfamato alcun popolo, ma soltanto riempito i forzieri di una percentuale infinitesimale di quegli stessi popoli disoccupati e affamati. Perché nessuno si sogni di imporre delle regole a un settore che proprio sulla mancanza di regole costruisce il suo potere che strangola il mondo: incapacità, insensibilità o cointeressenza?
Perché “i mercati” è una locuzione di comodo: dietro quel paravento ci sono uomini che decidono le sorti di interi Paesi. E sono loro che andrebbero fermati con leggi e strumenti appositi; proprio come vengono fermati i ladri e gli assassini.

Il vero interrogativo

A vedere come lo spread tra titoli italiani e Bund tedeschi continui ad andare più su che giù anche se l’Italia sembra essersi indirizzata con decisione su una nuova strada di serietà, ci si potrebbe domandare come mai i cosiddetti “mercati” non si fidino della svolta promessa da Giorgio Napolitano e Mario Monti. E una risposta potrebbe essere che Berlusconi, pur essendo fuori da palazzo Chigi, ha ancora la possibilità di controllare quelli che gli credono e quelli che ha comprato e quindi – come ha esplicitamente detto – minaccia di «togliere la spina» appena ne ha voglia.
Ma il vero interrogativo che dovremmo porci, visto quello che la finanza sta combinando in Europa e in America, consiste nel chiederci perché i governi si lascino sottrarre quasi tutto il loro potere dagli squali di quella finanza che non ha mai sfamato alcun popolo, ma soltanto riempito i forzieri di una percentuale infinitesimale di quegli stessi popoli disoccupati e affamati. Perché nessuno si sogni di imporre delle regole a un settore che proprio sulla mancanza di regole costruisce il suo potere che strangola il mondo: incapacità, insensibilità o cointeressenza?
Perché “i mercati” è una locuzione di comodo: dietro quel paravento ci sono uomini che decidono le sorti di interi Paesi. E sono loro che andrebbero fermati con leggi e strumenti appositi; proprio come vengono fermati i ladri e gli assassini.

sabato 12 novembre 2011

Stato di necessità, stato di costrizione

Ancora una volta il nostro impoverimento culturale – e segnatamente quello del vocabolario – ci condanna a non capire bene quello che ci sta accadendo e, quindi, a non avere in mano tutte le carte necessarie per prendere le giuste decisioni. In questo caso mi riferisco al fatto che ogni giorno continuiamo a sentire che la politica italiana sta agendo in stato di necessità, mentre dovremmo dire che sta agendo in stato di costrizione. Per capirci: salvarsi da una situazione pericolosa in stato di necessità è, per esempio, fuggire verso zone più elevate quando – giusto per attenersi alle cronache italiane – sta arrivando un’alluvione; salvarsi da una situazione pericolosa in stato di costrizione è accettare di agire seguendo gli ordini di chi ci punta una pistola alla tempia.
E in questo momento l’Italia vive e agisce innegabilmente in stato di costrizione, sia perché chi ha avuto grande parte nel farla precipitare dov’è ora sta ricattando chi dovrà ereditarne le macerie per tentare di ricostruire, sia in quanto ormai appare commissariata da burocrati europei che non sanno andare al di là delle colonne di numeri che illustrano un deficit e, quindi, non riescono a vedere – o forse non gliene interessa proprio – le distruzioni che la salvezza dell’economia ingenererà nel tessuto sociale di varie nazioni, tra cui, appunto, anche l’Italia.
Come giustamente ha detto Andrea Baranes a Zugliano, nel corso di un dibattito su Banca Etica, probabilmente stiamo assistendo allo scontro finale tra finanza e democrazia, uno scontro di cui non si riesce a prevedere l’esito finale perché in questa incompatibilità di tempi tra una realtà in cui assoluta rapidità significa guadagno e una in cui relativa lentezza vuol dire ragionamento e quindi capacità di scelta oculata, si inseriscono diverse variabili tra le quali mi limito a segnalarne due: il fatto che la finanza, continuando a distruggere economia e lavoro alla fine non avrà più niente con cui abbuffarsi e la constatazione storica che la fame e la disperazione portano inevitabilmente a sommovimenti che una volta vedevano il popolo scendere nelle strade con falci e forconi e che oggi speriamo continuino a essere sempre pacifici.
Ma non diamo soltanto la colpa alla finanza, perché anche la politica ha le sue belle colpe. Come si può giustificare, infatti che uno Stato possa preferire tagliare scuole e ospedali piuttosto che tagliare la spesa militare di 150 milioni di euro per l’acquisto di 130 cacciabombardieri il cui solo nome è in netto contrasto con l’articolo 11 della Costituzione? E come si può accettare che il governo italiano si lasci chiedere, senza reagire con sdegno, dai burocrati europei cosa si abbia intenzione di fare sulla gestione dell’acqua “malgrado” ( proprio “malgrado”!) il risultato del referendum di pochi mesi fa? E, ancora, è possibile pensare che uno Stato vada in fallimento se non paga puntualmente gli interessi sui debiti e che non sia già in fallimento se affama i suoi cittadini tagliando istruzione, sanità, stipendi, pensioni e così via? Ed è possibile che, se davvero la politica pensa che siamo sull’orlo del baratro, non intervenga per tassare i patrimoni magari perché pensa di riuscire a mantenere integre le proprie ricchezze.
Tutto questo è in gran parte frutto della troppo lunga permanenza di Berlusconi e dei suoi al governo e ora guardo con grande timore a cosa Monti vorrà e a cosa potrà fare perché una maggioranza politica, comunque la si guardi, non c’è.
In questo quadro dovrebbe essere già implicita una risposta ai signori Silvan e Bruno Rossi che dicono che tutta la politica è sporca e che l’uno vale l’altro. Ma vorrei anche ricordare loro che il centrosinistra ha prodotto Prodi che ci ha portato in Europa, mentre il centrodestra ha partorito Berlusconi che dall’Europa è quasi riuscito a portarci fuori, e che il centrosinistra si basa su concetti di socialità e solidarietà, mentre il berlusconismo si fonda sull’individualismo e la supremazia. Ovviamente ognuno è libero di scegliere tra queste opzioni, ma non bisogna far finta che non siano tali. Io ho scelto la solidarietà e continuerò a rifiutarmi di accettare i camuffamenti delle parole e della realtà.

giovedì 3 novembre 2011

Le leggi di Carlo M. Cipolla

È inutile negarlo: in questo momento più che il futuro ci preoccupa il presente perché Berlusconi sta cadendo esattamente come ha dominato per tanti anni: creando danni e provocando macerie che costringeranno questo Paese a una ricostruzione morale e materiale che durerà decenni.
E sta creando danni agli altri anche se questi danni non porteranno benefici a se stesso. Carlo M. Cipolla, nel 1976, nel suo "Le leggi fondamentali della stupidità umana" diceva che «Una persona è stupida se causa un danno a un'altra personao a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o ddirittura subendone un danno»E mentre prima Berlusconi era molto attento a curare i propri interessi, ora sta danneggiando inesorabilmente anche se stesso,
Vedere, per esempio che convoca un Consiglio dei ministri dichiarando che lo fa perché punta ad andare al G20 con un decreto sullo sviluppo già in funzione e che poi, per paura di perdere ulteriori pezzi di alleati per strada, esce da palazzo Chigi senza nessun provvedimento se non quello, non strutturale, di far accelerare la dismissione dei beni dello Stato, fa capire che se prima avevamo i nostri motivi per dubitare profondamente dell’integrità dell’uomo, oggi possiamo dubitare ancor di più anche della sua lucidità mentale.
Non può seriamente credere, infatti, che le sue messe in scena siano accolte dal consesso internazionale come sono accolte da Minzolini, Fede, Sallusti, Feltri e Belpietro.
E allora, se non lo crede, è esempio di stupidità perché tutto questo farà calare ancor di più il tasso di credibilità dell’Italia retta dal suo governo. Se lo crede, invece, vuol dire che ha perduto ogni contatto con la realtà. In ogni caso se ne deve assolutamente andare via al più presto.
E di questo – tranne lui – si rendono conto tutti: l’intera opposizione che da tanto tempo illumina questa penosa e pericolosa realtà; il Presidente della Repubblica che, senza clamori, sta già consultando tutte le forze politiche; i suoi fedelissimi – tranne i più ottusi, ovviamente – che tentano di rifarsi una verginità vibrando le ultime coltellate al satrapo morente.
A loro – Antonione, Tondo, Paniz e tanti altri – ricordo che senza di loro Berlusconi sarebbe già da tempo soltanto uno sgradevole ricordo. A noi vorrei sollecitare la memoria di quello che è successo in questi anni perché può essere che il momento drammatico e l’attuale situazione parlamentare impongano temporaneamente un governo di larghissime intese, ma poi è indiscutibile che alle prossime elezioni la rotta dovrà essere profondamente cambiata e che in questo lasso di tempo bisognerà stare molto attenti alle possibili e già avvenute contaminazioni.