sabato 30 luglio 2011

Indignarsi non basta

Talvolta sono assalito dal dubbio di essere un po’ troppo manicheo. È giusto che guardi con una sorta di disprezzo etico i berlusconiani e i leghisti? È giusto ascoltare con sospetto tutte le loro proposte? È giusto temere che stiano per sovvertire tutte le regole della democrazia e per instaurare un regime?
Ebbene, sì: è sicuramente giusto? La vicenda del cosiddetto “processo lungo”, appena approvato al Senato, non può lasciare dubbi di sorta: per salvare Berlusconi da tutti i suoi processi, decidono di permettere agli avvocati della difesa di presentare liste infinite di testimoni così da arrivare con irrisoria facilità alla prescrizione per decorrenza di quei termini che già sono stati abbondantemente ridotti. Ma questo incredibile squilibrio del processo a favore della difesa non riguarderà soltanto Berlusconi (scusate, mi dà un po’ di orticaria chiamarlo presidente del Consiglio), ma ogni imputato capace di pagarsi buoni avvocati e soprattutto decine, centinaia o anche migliaia di comparse disposte a lasciarsi convocare come testimoni, anche per andare a dire cose decisamente ininfluenti sulla vicenda in dibattimento. Un giornale che certamente non può essere accusato di estremismo comunista, “Famiglia Cristiana”, titola con splendida sintesi: «La mafia ringrazia».
Ma cosa ci vuole ancora per capire che quel signore è sceso in politica (lui sì che è davvero sceso, visto il bassissimo livello a cui è riuscito a portare la politica) soltanto per i suoi interessi personali, economici e/o giudiziari che siano? Cosa ci vuole ancora per capire che per servire i suoi interessi sta distruggendo la democrazia, l’etica, la società, l’economia di un intero Paese?
Ma, attenzione: basta prendersela soltanto con lui. E basta anche indignarsi soltanto con i parlamentari che votano ciecamente qualunque cosa egli desideri per sé. È ora di arrabbiarsi anche con coloro che lo votano nelle urne, che gli permettono di mandare in Parlamento una quantità di servitori disposti a qualunque bassezza. È ora di mettere alle strette anche coloro che si adattano ad allearsi
È ora di interloquire con forza con quelli che tracciano indolentemente la X sui simboli del Pdl e della Lega (che vota tutto quello che chiede e che, in più, è anche dichiaratamente razzista) perché non è più ipotizzabile che quegli elettori davvero possano credere che votare Berlusconi sia l’equivalente di fare una scelta liberale. Almeno per un po’, dimentichiamo le divisioni tra destra e sinistra e cominciamo a parlare davvero di divisioni tra onesti e disonesti, tenendo presente che la locuzione “Partito degli onesti” nel linguaggio berlusconiano ha lo stesso valore di quello che ha “Popolo delle libertà”: nessuno.
Parliamo con tutti, arrabbiamoci, protestiamo, scendiamo in piazza. Come giustamente ha detto Ingrao, indignarsi non basta. Le donne ci hanno dato l’esempio e hanno scelto per loro uno slogan che ora, con il loro permesso, deve essere esteso a tutta l’Italia: “Se non ora, quando?”.

martedì 26 luglio 2011

Urgente questione di fiducia

Credo che il Pd, se non vuol far perdere quel capitale di fiducia e di entusiasmo che amministrative e referendum hanno forse inopinatamente portato al centrosinistra, non possa far altro che espellere – e anche in fratta – il senatore Alberto Tedesco. Non lo dico perché sappia con certezza che è colpevole delle accuse a lui ascritte: spetta alla magistratura e non a chi legge giornali e ascolta interviste assumere il ruolo di giudice in faccende penali. Lo dico perché è sicuramente colpevole di indegnità politica.
Tedesco, al di là di quella richiesta ai colleghi di permettere il suo arresto – richieste che si è rivelata una sceneggiata, visto quello che è successo dopo il voto negativo del Senato alla concessione degli arresti – ora non soltanto sta recitando la parte della vittima perseguitata da democristiani e comunisti perché una volta era socialista e attacca indiscriminatamente Bersani, Bindi, Letta, Veltroni e Serracchiani. Ma fa ancora di peggio: ricorda al PD da cui minaccia di uscire, restando comunque attaccato alla poltrona di senatore, che lui e i suoi candidati contano per 48-50 mila voti che valgono un deputato, un senatore e un parlamentare europeo.
È questo che deve farlo espellere da un partito di centrosinistra – se tale davvero è – perché non è ammissibile che si possa pensare che innocenza e colpevolezza siano dipendenti dalla quantità di voti che uno riesce a raccattare. Non è accettabile un ricatto che assomiglia moltissimo a un voto di scambio: i miei voti nell’urna in cambio dei vostri per la mia impunità. Non è accettabile che una qualunque persona che si dice di centrosinistra ragioni esattamente come un Berlusconi qualsiasi: è il popolo che mi giudica, non la giustizia.
Se Tedesco non se ne va da solo deve essere assolutamente accompagnato al più presto alla porta: non necessariamente perché sia colpevole di malversazioni varie, ma perché è sicuramente colpevole di egocentrismo e berlusconismo. Se il PD non lo farà tradirà già in anticipo la fiducia di tanta gente che forse sarebbe anche disposta a tornare a votare con un entusiasmo che da tanto tempo non provava più.
Il discorso per Penati è diverso, ma le conclusioni sono identiche: lui, più dignitosamente, si è autosospeso dalle sue cariche, ma non si è dimesso. Però le testimonianze contro di lui sono troppe per poter pensare che si tratti soltanto di casi di mitomania. E viste le cariche di grande responsabilità che ha ricoperto all’interno del partito toccherebbe a lui togliersi almeno temporaneamente di mezzo per evitare che lo stesso PD possa essere infettato dal sospetto. Se non lo fa lui, sia il partito a chiederglielo con pressante urgenza. Perché è ora che il centrosinistra torni ad agire in prima persona e non soltanto a reagire davanti alle decisioni e alle azioni altrui.
Si tratta di fiducia, materia terribilmente scarsa in questi decenni e che ora sarebbe un delitto sprecare. Un delitto contro tutti gli italiani.

lunedì 25 luglio 2011

Le notizie e le smentite

Quasi cento giovani sono stati uccisi da un folle aliofobo (laddove gli altri sono tutti quelli che non sono religiosamente, socialmente, politicamente esattamente come lui) in Norvegia. Dolore e sgomento riempiono l’animo e avrebbero il diritto di macinare a lungo nella nostra anima, perché purtroppo nulla come i drammi, riesce a farci pensare, ragionare, a conoscere noi stessi, a capire che la storia si ripete nelle sue bassezze più orrende, a meno che non si faccia qualcosa per impedirlo: magari con l’impegno della testimonianza, spesso con la parola e con il ricordo.
Ma in Italia neppure il momento della riflessione è concesso perché davvero tutto viene usato per fare propaganda: anche i morti, anche una strage. “Libero” di Belpietro subito dopo le stragi titola: “Con l’Islam il buonismo non paga. Norvegia sotto attacco: un massacro”. Poi, saputo che di tutt’altro si tratta, è costretto per l’ennesima volta a fare marcia indietro e dice: “Abbiamo scritto che la responsabilità della tragedia nel Nord Europa ricadeva sui fanatici di Allah perché tutto lo faceva pensare, a partire dall’immediata rivendicazione di un gruppo jihadista. Solo nella notte le autorità norvegesi hanno fatto sapere che il sospettato numero uno è sì un fanatico, ma biondo e sedicente cristiano nemico dei musulmani. Dunque abbiamo offerto una lettura sbagliata, ma con qualche ragione”.
Intanto vorremmo capire perché gli assassini musulmani sono musulmani mentre gli assassini cristiani sono “sedicenti” cristiani, e anche come mai non si è tenuto in alcun conto che fin dall’inizio la polizia norvegese aveva parlato di una pista interna, ma le cose più interessanti sono le ragioni che qui riassumo: insomma, questi musulmani non fanno altro che delinquere e fare attentati e quindi è normale che se un attentato succede si pensi a loro; anzi, se il civile Occidente produce qualche scalmanato, le ragioni della sua fissazione va cercata proprio nell’atteggiamento che Belpietro vede comune negli islamici.
Il cugino di “Libero”, “il Giornale” di Feltri e Sallusti, dà ampio spazio in prima pagina quando l’attentato sembra islamico; il giorno dopo, quando è chiaro che di tutt’altro si tratta dà il primo titolo sull’argomento a pagina 12. I morti sono passati da 17 a 92? Si vede che non è molto importante. Mi chiedo se a Feltri sarebbero bastate le prime 12 pagine per parlare della strage se la firma fosse stata davvero islamica.
In questi momenti, da giornalista, divento profondamente triste: che la mia categoria non sia fatta soltanto da galantuomini lo so bene e da molto tempo, ma gli abissi che vengono toccati eticamente e deontologicamente sono davvero sempre più profondi. Da qualche parte si invoca l’Ordine dei giornalisti affinché prenda provvedimenti contro gli autori di questi scempi del giornalismo, ma l’Ordine non può farlo perché si balocca da sempre tra l’obbligo di sanzionare chi non segue le regole professionali e la necessità – se la malafede non è provata al di là di ogni dubbio – di lasciare a tutti la libertà di pensiero e di parola.
E, allora, non sarebbe il caso di scioglierlo davvero questo Ordine che da strumento per garantire gli esterni dai soprusi degli interni si è tramutato in una specie di autoassicurazione reciproca per gli iscritti?
Ma la realtà è che non bisogna soffermarsi soltanto su un giornalismo bacato, ma occorre rendersi conto che i folli aliofobi si nutrono proprio di grandi titoli sbagliati e di smentite piccole e nascoste.

mercoledì 6 luglio 2011

Sembra una maledizione

Sembra davvero una maledizione. Berlusconi infila un disastro dopo l’altro, sia nelle urne (amministrative e referendum sono stati chiarissimi), sia nell’opinione pubblica che ha protestato con tale veemenza per il comma truffa, che il proprietario della Fininvest aveva voluto infilare nella Finanziaria per aiutare la Fininvest, da costringere lo stesso Berlusconi a ritirarla ancor prima di scontarsi con la rettitudine istituzionale di Napolitano.
L’unico posto dove ancora riesce a vincere è, grazie alla dispendiosa campagna acquisti effettuata in questi mesi, il Parlamento dove può ancora contare con una maggioranza di parlamentari che non corrisponde più assolutamente alla maggioranza reale del Paese.
Ebbene, in questa situazione, con la possibilità di dimostrare che nemmeno in Parlamento ha più la maggioranza effettiva, con la probabilità a portata di mano di mettere ancora più a nudo le fratture interne alla maggioranza e di farla definitivamente crollare, il Pd si mette a fare astratta psicologia di primogenitura e si astiene, rifiutando di votare sì a una proposta dell’Idv di abolire le Province e di mandare clamorosamente sotto Berlusconi e i suoi in una votazione parlamentare di grande impatto anche sull’opinione pubblica che, in momenti di grandi sacrifici, domanda la riduzione degli sprechi in politica.
Insomma, ho sempre votato per partiti di centrosinistra - e molto spesso per il Pd o per i suoi predecessori - e non me ne pento affatto, anche se talvolta ho ingoiato rospi praticamente indigeribili mettendo la crocetta accanto al nome di certi candidati imposti e a mio parere indegni. Ma adesso la situazione è troppo grave per continuare a far finta di niente. O vi decidere a finirla con i vostri astrusi giochetti di apparente potere, oppure potete anche tranquillamente andarvene a casa.
Tanto, peggio di così non potrebbe comunque andare. Almeno lo spero.

martedì 5 luglio 2011

Polverizzato ogni record di indecenza

Polverizzato per l'ennesima volta ogni record di indecenza.
Berlusconi fa infilare di nascosto tra le pieghe della Finanziaria un piccolo comma che permetterebbe – se approvato dal Parlamento e controfirmato dal presidente della Repubblica – alla Fininvest di non pagare subito alla Cir di De Benedetti i 750 milioni di euro di risarcimento cui è stata condannata in primo grado per il Lodo Mondadori. Sempre che la condanna fosse confermata in appello.
Ma il record di indecenza non è del presidente del Consiglio che gioca con le carte truccate, bensì di Libero, giornale fiancheggiatore che bisogna sforzarsi di guardare almeno per capire come la pensano quei signori. Sulla copertina di oggi, martedì 5 luglio 2011, campeggia una vignettona a colori, firmata da Benny, in cui si vede, con sullo sfondo l’edificio che ospita la Mondadori a Segrate, un Berlusconi sorridente che fa lo sgambetto a De Benedetti mentre sta per tagliare un traguardo su cui c’è la scritta “500 milioni” (chissà perché, poi, questo sconto del 33 per cento che è ripreso anche nella parte scritta?).
Ma non basta: il titolo è “Silvio fa fesso De Benedetti”; l’occhiello è “Scherzetto nella manovra”, mentre uno dei catenacci recita: “Alla vigilia del verdetto sul Lodo Mondadori che può costare 500 mln al Cav, una leggina fa slittare i maxi-indennizzi”.
Insomma: adesso non basta più imbrogliare, truccare le carte, cambiare le regole del gioco quando più fa comodo; adesso è anche il momento di vantarsi delle proprie furbizie che irridono alla giustizia, di vantarsi di approfittare della propria posizione pubblica per curare i propri interessi privati.
Berlusconi ha cominciato a seminare i suoi frutti velenosi, che hanno sgretolato in molti il concetto di valore etico, con le sue televisioni ben prima di scendere in politica. Ora vuole raccogliere i frutti del suo lavoro fino in fondo. Ognuno di noi deve fare tutto il lecito e il possibile per fermare lui e i suoi sodali. Anche cancellando tutte quelle lotte intestine all’opposizione che non fanno altro che prolungare il suo regno.

lunedì 4 luglio 2011

Ma non si vergognano?

La domanda è sempre quella: ma non si vergognano? E non va rivolta tanto agli esponenti del centrodestra, ma soprattutto a coloro che continuano a votarli, anche se ormai è del tutto evidente che hanno fallito in tutto e che hanno imbrogliato tutti gli italiani, ma in primis i loro elettori.
È vero: noi elettori di centrosinistra non abbiamo da stare molto allegri in questo senso, come ha splendidamente sintetizzato la scorsa settimana il bravissimo Gianluca Buttolo, nella sua vignetta domenicale sul Messaggero Veneto, l’incredibile grettezza della situazione politica italiana in cui davvero sembra che tra il cosiddetto “palazzo” e la gente non ci sia più alcun contatto effettivo. Nella vignetta il protagonista dice: «Con l’ultimo voto e i referendum gli italiani hanno dimostrato di non credere più alle frottole di Berlusconi». E il cagnolino gli risponde: «Ora non ci rimane che convincere Di Pietro, Bersani and company».
È una fotografia esatta fino nei minimi particolari. Ma se il Pd e i suoi possibili alleati si perdono spesso in meschine lotte personali, o di bottega, il Pdl sta affondando non soltanto nello squallido e nel ridicolo che spunta dalle intercettazioni, mentre la Lega si sta spaccando in interessi personali prima ancora che localistici.
Gli ultimi colpi arrivano dalle pensioni e dai mancati trasferimenti che faranno impennare le tasse comunali e regionali e faranno pagare parecchie cose che prima non si pagavano, o si pagavano meno. Berlusconi, e i suoi hanno largamente messo – e non da oggi – “le mani nelle tasche degli italiani” ed è inutile che Bossi oggi faccia il sorpreso e l’offeso: è lui che mantiene in piedi Berlusconi da un bel po’ di anni ed è sempre lui che continua a far finta di essere un rivoluzionario, mentre invece è uno dei più ferrei custodi del potere.
E il popolo? Basta che paghi e continui a non vergognarsi di votare come vota.