mercoledì 22 giugno 2011

Democrazia e governabilità

Ma davvero pensiamo di vivere ancora in un regime democratico? Se la risposta è positiva, allora vorrebbe dire che abbiamo molta fantasia, o molto ottimismo, o molta voglia di non vedere quello che sta accadendo in maniera mai così palese come oggi.
Non fa, forse, riflettere il fatto che subito dopo che la maggioranza ha perduto clamorosamente le elezioni amministrative e dopo che quattro leggi create dalla maggioranza sono state eliminate, in un referendum, dalla maggioranza assoluta degli italiani (che tra l’altro, mi si perdoni la celia, con i loro voti dimostrano di credere che Berlusconi sia più pericoloso delle scorie radioattive), quella stessa maggioranza abbia accresciuto il numero di voti a suo favore in Parlamento grazie a un’attenta e non risparmiosa politica di acquisizioni portata avanti da Denis Verdini? Questi fatti non dimostrano forse che tra Parlamento e società, tra interessi particolari e necessità sociali, non c’è più alcun collegamento?
Non fa, forse, riflettere il fatto che gli irriducibili leghisti che hanno sempre irriso le manifestazioni di piazza dicendo che il popolo si conta soltanto alle urne, dopo essere stati sconfitti dall’abbraccio mortale con Berlusconi e – almeno lo spero – dalla coscienza di un po’ di italiani che si sono resi conto di non poter vivere a contatto di gomito con dei razzisti, adesso dicano che gli 80 mila (diamo pur per buona la loro stima) di Pontida hanno dimostrato che i voti di poche settimane fa non hanno valore politico?
Il fatto è che Berlusconi non vuole mollare il potere perché è troppo a rischio di condanne, che molti dei suoi gli stanno vicini nella speranza di poter evitare anche loro l’impatto con il giudizio su fatti che una volta avrebbero fatto arrossire di vergogna e finire per qualche periodo al fresco, che la Lega si è troppo abituata al potere di “Roma ladrona” per volerlo mollare.
E la democrazia? Berlusconi e i suoi non sanno cos’è. L’hanno dimostrato più volte limitandosi a citarla di quando in quando nei discorsi, se pensavano che potesse tornar comodo farlo. Lo dimostrano clamorosamente oggi massacrando il concetto stesso di “democrazia rappresentativa”, a meno che non si intenda che rappresentano il capo e se stessi.
Per recuperare i disastri creati dal berlusconismo, dal leghismo, e da coloro che non vi si sono opposti, occorreranno delle generazioni. Ma almeno una cosa si dovrebbe fare subito: tornare a elezioni con sistema proporzionale e con preferenza libera.
Dite che non potrebbe essere assicurata la governabilità? Meglio, se la governabilità è un concetto troppo contiguo a quello di dittatura.

martedì 14 giugno 2011

Il 54,15% effettivo del quinto referendum

Un po’ di matematica per capire meglio. Il 95% del 57% corrisponde al 54,15% del totale. Tradotto, questo significa che se ad andare a votare è stato il 57% del corpo elettorale e che il 95% dei votanti ha scelto il “NO”, vuol dire che il 54,15 per cento del totale degli italiani aventi diritto al voto ha detto di no a Berlusconi, o almeno alle sue politiche ultraliberistiche, indifferenti alla tutela ambientale e hanno detto "NO" anche alla sua preoccupazione principale, se non unica: quella di evitare processi che potrebbero avere per lui gravissime conseguenze penali e pecuniarie.
La prima considerazione è che Berlusconi non potrà più dire che la gente lo ha voluto e che è sempre con lui. Era falso prima, perché la sua maggioranza assoluta in Parlamento era stata ottenuta con circa il 30% del totale dei voti del corpo elettorale; è falso adesso in quanto la maggioranza davvero assoluta degli italiani gli ha detto chiaramente che non ne vogliono più sapere di lui.
La seconda considerazione allarga il campo da Berlusconi all’intero centrodestra che in molti, troppi, esponenti di primo piano ha dimostrato di non avere più contatti reali con la popolazione italiana invitando a non andare a votare.
Come dice il mio amico Fabio, in questi giorni i negozi che vendono “sottili distinguo” saranno presi d’assalto da berlusconiani che, annusando l’aria, cercheranno di smarcarsi e di prepararsi al passaggio dall’altra parte: «Ho sempre pensato che stava sbagliando», «Puoi cambiare le cose che non vanno soltanto dall’interno, anche se è un sacrificio», e così via. E anche un po’ di leghisti frequenteranno questi negozi. E quindi questo è il momento di supplicare i partiti del centrosinistra di non aprire le porte indiscriminatamente a tutti, e di valutare bene se coloro che arrivano, o ritornano, lo fanno per convinzione, oppure per convenienza personale. Infatti la storia recente ha abbondantemente insegnato che non si guadagna una maggioranza stabile accogliendo cani e porci, ma convincendo della bontà dei propri valori e dei propri programmi i cittadini in buona fede.
Perché bisogna ricordare che è così che si sono vinti i quattro referendum, ma soprattutto il quinto, quello di cui alcuni non volevano sentir parlare.

domenica 5 giugno 2011

Il voto come imperativo etico

Ma vi rendete conto? Berlusconi ha detto con grande serietà che dopo i referendum «il governo terrà conto della volontà del volere del popolo».
Ma è una notizia, o un’ovvietà? È qualcosa da mettere in evidenza, oppure da non citare neppure, tanto dovrebbe essere naturale? Ma questo Berlusconi è quello stesso che ogni giorno, per sottrarsi al giudizio dei tribunali, ripete che è il popolo che lo ha eletto e che quindi nessuno è al di sopra di lui?
Però ancora più impressionante di questa ennesima prova di sensibilità democratica forzata – quando si riesce a forzarla e sempre che poi alle parole seguano i fatti – è la constatazione che nessuno abbia sentito il valore urticante di questa frase sulla propria pelle. Che nessuno abbia sentito la necessità di alzare la voce per dire che il rispetto della Costituzione è un valore imprescindibile per tutti e non soltanto una graziosa concessione del capo.
Che nessuno si sia chiesto cosa potrebbe succedere se il capo dovesse decidere che «il governo non terrà conto della volontà del popolo».
E quest’ultima non è un’ipotesi che esce dalla mia incontestabile allergia a quel personaggio, ma una considerazione quasi ovvia, visto che quel medesimo governo che si impegna a rispettare la volontà del popolo è quello stesso governo che si è rivolto di corsa alla Corte Costituzionale con la speranza di far bloccare il referendum sul nucleare voluto proprio da quel popolo che si rispetta soltanto quando fa comodo.
E l’unico scopo, in realtà, è quello di allontanare un po’ di gente dai seggi nella speranza – l’unica importante per Berlusconi – che il quorum non si raggiunga e che il suo “legittimo impedimento” possa continuare a funzionare.
Andare a votare è sempre un dovere, ma questa volta è davvero un imperativo etico.

giovedì 2 giugno 2011

I quattro referendum sono cinque

Non mi sogno minimamente di dire che i quattro referendum (uno sul nucleare, due sulla gratuità dell'acqua e uno sul cosiddetto legittimo impedimento) non sono già importanti di per sé. Anzi, sono fondamentali per ribadire che in questa Italia la democrazia ha ancora un suo spazio nel quale potersi esplicare, per sottolineare che la vita umana è più importante di qualsiasi forma di energia, che ci sono cose che hanno valori e non possono avere prezzi, che davanti alla legge siamo sul serio tutti uguali.
Ma non è soltanto per questo che è necessario andare ai seggi in maniera tale da far raggiungere il quorum ai questiti referendari. È necessario andare a votare resistendo a tentazioni di spiagge, gite e distrazioni assortite, o almeno ritardandole, per far capire all'attuale presidente del Consiglio che è ora che lasci libero il campo.
Direte che ce l'ho con Berlusconi, che non lo posso vedere, che lo considero una jattura per il nostro Paese. È proprio così. Ma non è solo per questo che prego tutti voi non soltanto di andare a votare, ma anche di diventare soggetti politici attivi per convincere ad andare alle urne tutti quelli che vi capitano a tiro. Vi prego di farlo perché nemmeno l'ultima batosta gli ha insegnato qualcosa (forse è anche impossibile che lui impari mai qualcosa di democratico), ma ai leghisti e ad alcuni dei suoi ha fatto veire dubbi che la gallina dalla uova d'oro abbia cominciato a produrre materiale più normale, anche un un po' puzzolente.
Sostenere che ha perduto perché tutti i mezzi di informazione e le televisioni hanno orientato contro di lui l'opinione pubblica, implica totale mancanza di memoria (tralascia i Minzolini, i Ferrara, i Fede e molti altri), oppure demenza, o, ancora, malafede. In tutti e tre i casi deve lasciare quel posto e un'ulteriore sconfitta aiuterebbe molto leghisti, ex "responsabili" e pidiellini tremebondi per il loro futuro a non tenerlo più in piedi a dispetto di tutto e di tutti e a continuo disdoro del nostro Paese sullo scenario internazionale.
Insomma, i quattro referendum, in realtà, sono cinque.