martedì 11 maggio 2010

Quando la cultura dà fastidio

Devo ammettere che mi stupisco per come riescano a stupirmi ancora le immancabili prese di posizione di esponenti del centro-destra e della Lega contro le manifestazioni culturali, che quasi sempre hanno successo anche perché permettono a molta gente di evadere da quella prigione televisiva di squallore urlato ed esibito che è stato realizzato dapprima da Mediaset e che poi ha ampiamente contagiato e corrotto anche le reti Rai.
A leggere le dichiarazioni di Massimo Blasoni (Pdl) e di Pietro Fontanini (Lega) contro vicino/lontano cadono le braccia. Non tanto per la loro pochezza, ma per la tristezza che l’Italia sia scesa tanto in basso da poter eleggere personaggi simili: «Si è rivelata più una kermesse politica che una manifestazione culturale». È stato «l’ennesimo palcoscenico attraverso cui fare politica mascherata da cultura». «Non ci può essere alcun dibattito quando le prese di posizione degli invitati sono a senso unico». «Sempre gli stessi ospiti, tutti schierati e lontanissimi dal sentire della gente comune». Sono queste alcune frasi pronunciate dai due brillanti esponenti della destra.
Allora, per prima cosa, è evidente che in loro manca totalmente la coscienza che tutto nella vita è fare politica e, quindi, anche il fare cultura è fare politica. Loro sono convinti che fare politica sia soltanto esercitare – e auspicabilmente senza essere disturbati – il potere che viene dato dai voti e che, quindi, il fare politica sia riservato soltanto a chi ha vinto. Non sono neppure sfiorati dal sospetto che la base della democrazia consista nel fatto che non sempre la maggioranza – qualunque maggioranza sia – è contemporaneamente anche nel giusto.
Ove queste due categorie coincidessero sempre, non ci sarebbe più motivo per andare alle urne e, infatti, tutte le dittature hanno sempre messo in pratica questa inevitabile conseguenza alla loro convinzione di essere sempre dalla parte del giusto.
Molto interessante, poi, è il concetto del dibattito che, evidentemente deve essere quello al quale ci hanno abituato i talk show: un urlio continuo e sgangherato in cui vince non chi ha più idee, ma chi ha più voce. Il dibattito vero a loro fa orrore e lo evitano scientemente salvo poi lamentarsi perché non ci partecipano.
Basterebbe pensare a come hanno ridotto il povero e glorioso Mittelfest da quando se ne sono impadroniti. Un esempio per tutti: l’incontro dedicato a Gladio in cui gli ineffabili gladiatori hanno potuto atteggiarsi a eroi salvatori della patria e nel quale nessuno ha potuto ricordare che è stato appurato senza dubbio alcuno che è stato da uno dei loro nascondigli di armi – quello di Aurisina - che è uscito l’esplosivo che ha dilaniato i carabinieri a Peteano.
Padoa Schioppa, riferendosi a vicino/lontano, ha detto: «Manifestazioni come questa sono la risposta più bella all’indifferenza; sono un seme di cittadinanza fecondo». E prima o dopo, anche se a Blasoni e a Fontanini darà molto fastidio, quel seme finirà per dare frutti non solo di cittadinanza, ma anche e soprattutto di umanità nei confronti dei più deboli e di chi non è esattamente come noi.

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