sabato 6 marzo 2010

La scelta sbagliata

D’ora in poi sarà impossibile accusare chiunque di “sfascismo” perché nessuno può più sfasciare ciò che è già stato completamente sfasciato come questa nostra povera Repubblica italiana.
Era evidente fin dal primo momento che la gravissima, ma non seria, vicenda dei pasticci commessi dai delegati berlusconiani in fase di presentazione delle liste elettorali e delle firme di supporto avrebbe portato a disastri terribili perché le uniche due strade perseguibili erano entrambe dei vicoli ciechi. Il primo, con la conferma delle esclusioni, avrebbe portato due regioni importanti come il Lazio e la Lombardia a un voto monco e quindi – prima, durante e dopo – contestabile come scarsamente indicativo della reale volontà degli aventi diritto al voto. Il secondo, con qualche aggiustamento legato a cavilli da legulei che non vanno troppo per il sottile, avrebbe inferto – prima, durante e dopo – un colpo definitivo e ferale al già più che traballante concetto di legalità in Italia. E puntuale è arrivata la conferma che il disastro era inevitabile.
Personalmente non avrei avuto dubbi nello scegliere la prima soluzione: non perché considero Berlusconi e i suoi quanto di peggio possa essere toccato all’Italia, ma in quanto da un vulnus a un’occasione elettorale si può uscire (e questo è già successo una trentina abbondante di anni fa in questa regione quando a restare fuori completamente – e senza imprecare più di tanto, se non contro se stessi – furono i socialisti), mentre quando al livello più alto si distrugge il rispetto delle leggi non c’è più alcuna speranza che senza rivolgimenti traumatici questo rispetto possa essere riconquistato né dall’alto, né dal basso. Insomma è stata fatta la scelta più sbagliata possibile.
Il mio è un dissenso profondo con Napolitano? Assolutamente sì; rispettoso, ma totale. Neppure il Papa, anche per chi ci crede, gode dell’infallibilità, se non quando, sempre per chi ci crede, parla di dogmi. Figuriamoci se il concetto di infallibilità può essere applicato a un laicissimo presidente della Repubblica. Era in una posizione difficilissima - e da questo ilmio rispetto - ma ribadisco che, secondo me, scegliendo la cancellazione sostanziale e temporanea di una legge, ha scelto la strada peggiore possibile.
Cosa succederà adesso? Perché, se questa legge ha potuto essere stravolta, altre dovranno restare intangibili? Perché ha consentito che la politica valga più del diritto? Quali pressioni sono state fatte perché decidesse di seguire questa strada?
So di un’azienda leader nel suo settore che circa un anno fa ha partecipato a un concorso di appalto pubblico e che ne è stata esclusa perché chi ha presentato le carte necessarie ha commesso due errori formali. L’esclusione dall’appalto ha comportato la perdita di un lavoro che ha fatto mettere in cassa integrazione e poi in mobilità 107 dipendenti. Qualcuno ha seguito una “via politica” per salvare quelle 107 famiglie? Ovviamente no, anche perché non sarebbe stato giusto. Ma qualcuno ha seguito, invece, una “via politica” per salvare Berlusconi e i suoi che minacciavano sfracelli in caso contrario.
Posso sperare soltanto che quelli del Pdl siano stati così machiavellici da aver previsto fin dall’inizio tutto ciò che sarebbe successo in modo tale da poter dare una spallata definitiva al concetto di legalità in Italia. Ma francamente mi sembrerebbe un piano eccessivamente geniale.
Comunque, sia che abbiamo a che fare con geniali destabilizzatori, sia con torpidi ritardatari e faciloni, adesso davvero non resta che dare corpo a una resistenza che non ci faccia mai più stare zitti davanti a tutte le cose che non vanno. Perché altrimenti tra un po’ rischieremo che lo starsene zitti non sia più una discutibile scelta, ma una necessità imposta.

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