mercoledì 2 dicembre 2009

Un bisbiglio non può far dimenticare

Oggi sono tutti ad ascoltare le parole bisbigliate da Fini durante un convegno a Pescara per dire a un magistrato cosa esattamente pensa di Berlusconi. E il presidente del Consiglio, ovviamente, si arrabbia, sia perché ritiene impossibile che qualcuno possa impunemente criticarlo, sia - e forse soprattutto - in quanto, a proposito di impunità, comincia a percepire che, se cade il governo, lui rischia davvero grosso perché scompare la possibilità di sottrarsi a quel giudizio che invece tocca a tutti gli altri italiani accusati di avere commesso qualche reato.
Ma da tutto questo, in attesa di vedere cosa succederà nella «coesa» casa del Pdl, mi sembra importante ricordare alcune cose.
La prima: è vero che in casa del presidente del Consiglio non tutti la pensano come lui e che non tutti lo rispettano, ma è altrettanto vero che queste cose nessuno di loro ha il coraggio di dirle ad alta voce e, anzi, fa l’offeso quando chi sta dall’altra parte si permette di criticare il capo. Se avessero davvero detto quello che pensano, probabilmente l’Italia non sarebbe in quella disastrata situazione in cui è. E non si tratta di destra o sinistra, ma di politica o interessi.
La seconda: Fini sta facendo non soltanto la figura dell’eroe della resistenza al "monarca", ma addirittura si erge come paladino della dignità, della libertà, delle istituzioni e della democrazia. Ebbene, a parte il fatto che avrei preferito sentirgli dire ad alta voce ciò che ha invece bisbigliato, non riesco a togliermi dalla testa che è stato lui a proporre sia la legge Bossi-Fini che permette di essere aguzzini contro gli immigrati, sia la legge Fini-Giovanardi che parifica le droghe leggere a quelle pesanti e che considera il rapporto Stato-cittadino unicamente in senso punitivo.
La terza: ho il terrore che la sinistra si consideri soddisfatta della frana che sembra finalmente travolgere Berlusconi e non pensi che proprio per questo deve accelerare sulla strada di una strategia che parla di programmi e di alleanze, cose molto più importanti degli equilibri interni che, almeno per un po’, potrebbero davvero essere messi da parte.

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