lunedì 8 aprile 2013

Una condanna, non un suicidio

L’analisi politica di Curzio Maltese su “la Repubblica” di ieri merita di essere ripresa per meditare non tanto su quello che dice, ma su quello che non dice. La tesi che esprime è che tre sono le ipotesi possibili: un ritorno immediato alle urne; un tentativo di accordo con i grillini offrendo un nome che sia loro gradito e che non sia, quindi, Bersani; un abbraccio mortale con Berlusconi che porterebbe in breve «all’estinzione del partito».
Su questo non c’è discussione. Quello che non apprezzo (a parte la sua disistima nei confronti di Bersani che considero, invece, una delle poche persone davvero serie apparse nel panorama politico italiano degli ultimi decenni) è l’indifferenza con cui accompagna la terza ipotesi: quella dell'inciucio tra PD e PDL che porterebbe all'inevitabile dissoluzione il PD che già avevo messo in luce un paio di giorni fa, annunciando – anche se ovviamente la cosa può interessare quasi soltanto a me – che, se la cosa dovesse succedere, il PD non avrà mai più il mio voto perché mai potrei votare chi nega l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge accettando che Berlusconi possa uscire indenne da tutti i disastri che ha fatto e dai reati dai quali si è tolto con leggi fatte su misura e con una possibile immunità messa sul piatto di una bilancia che sull’altro piatto porta la governabilità. Un accordo con Berlusconi – lo ripeto – non si chiamerebbe alleanza, ma complicità.
Vendola dice che un accordo simile non sarebbe capito dagli italiani. Io credo, invece, che gli italiani capiscano benissimo e che, proprio perché sono in tantissimi ancora a credere nell’uguaglianza, nella legalità e nella solidarietà, molti fuggirebbero dai sottoscrittori di un accordo che farebbe diventare l'Italia uno Stato ufficialmente ingiusto e non democratico.
Il problema che Curzio Maltese non mette in luce - anche se lo sa benissimo - è che la dissoluzione del PD per far nascere una nuova formazione di sinistra e una di centrosinistra condannerebbe la parte riformista dell’Italia a essere perdente nei confronti della destra e dei vari populismi assortiti per altri decenni. La fine del PD, anche se il PD è criticabile per mille aspetti, sarebbe una sciagura terribile.
Forse dovrò morire sotto un governo di Berlusconi, o dei suoi successori, ma sicuramente non starò zitto e ancora più sicuramente non sarò rassegnato. Quindi grido a tutta voce che la terza ipotesi non esiste perché non è neanche un suicidio del PD: è la condanna di un’intera nazione.

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