mercoledì 30 dicembre 2009

I segnali e le speranze

Sta per cominciare il 2010 e, immancabilmente, si spera che il nuovo anno porti nuove cose, ovviamente migliori. Sono un inguaribile ottimista, ma francamente tutti i segnali della fine del 2009 remano in direzione opposta.
Cosa si può dire, infatti, mentre nell'Iran il governo dice tranquillamente che gli oppositori saranno giustiziati? O mentre il ministro Calderoli ribadisce che in Italia «si usa troppo poco bastone e troppa carota»? O mentre in Puglia i soliti giochetti di alchimie politiche interni alla sinistra pone serissime basi per distruggere politicamente due ottime e capaci persone come Nichi Vendola e Michele Emiliano e per lasciare la Regione in mano al centrodestra? O, ancora, ascoltando Berlusconi che, promettendo tutto quello che pensa che fgli altri desiderano sentirsi promettere, dice che in tre anni e mezzo cancellerà definitivamente la mafia? O continuando a veder realizzare sondaggi spacciati come dati scientifici, in cui, per esempio, si chiede a gente che probabilmente non è mai stata in montagna come ci si deve comportare in montagna?
Eppure l'ottimismo alla fine vince e continuo a sperare molto nel 2010 con un augurio, oltre a quello, scontato, di felicità: meno governabilità e più democrazia per tutti.

martedì 29 dicembre 2009

Sporcare se non si può ripulire

Piccolo riassunto dei fatti. Un sito internet Usa pubblica una foto in cui sembra di scorgere John Fitzgerald Kennedy disteso a prendere il sole su uno yacht mentre attorno a lui si muovono quattro ragazze nude; la didascalia parla di orge in mare. Poche ore dopo si appura che la fotografia è un falso; il sito internet ammette l’errore e si scusa per il mancato controllo. Negli Usa la cosa finisce qui, ma la notizia della foto scandalosa era già arrivata in tutto il mondo e in tutto il mondo poco dopo arriva anche la notizia della smentita.
Oggi in Italia tutti i giornali danno notizia dell’errore. Tutti meno uno, “il Giornale” della famiglia Berlusconi per il quale la notizia si conclude prima della smentita e che titola a mezza pagina in prima «Ecco Kennedy, mito della sinistra. Altro che l’harem di Silvio», riprendendo a tutta pagina, all’interno, con “L’harem in barca di Jfk, eroe della sinistra”. Nel catenaccio si adombra in breve l’ipotesi del falso, ma in grande la si smentisce immediatamente: «Nelle biografie si parla di quella vacanza: mentre lui se la spassava, la moglie abortiva». E questo per fermarsi ai titoli, perché nel testo firmato da Giuseppe De Bellis, la pornografia costruita sul falso è ancora più repellente.
Alcune considerazioni. Sembra davvero incredibile cosa il quotidiano diretto da Feltri possa fare pur di attaccare la sinistra, magari attraverso quelli che Feltri definisce «i suoi miti», e per difendere Silvio Berlusconi, mai cercando di ripulire lui – cosa evidentemente ritenuta impossibile – ma cercando di infangare gli altri; chiunque altro, anche se già morto da quasi mezzo secolo.
Abbastanza ridicolo appare l’idea che si possa fare campagna elettorale gettando fango su un uomo politico del passato che sicuramente ha avuto molte donne al di fuori del matrimonio, ma che altrettanto sicuramente – ed è una differenza non da poco – non ha mai nominato o fatto eleggere nessuna di queste donne a cariche politiche di responsabilità all’interno delle istituzioni dello Stato.
Fa riflettere invece, il supremo sprezzo della verità con cui questo quotidiano agisce, quasi fosse sicuro che i suoi lettori siano esclusivamente monolettori, capaci, cioè, di leggere soltanto “il Giornale”, o, al massimo, di ascoltare anche il Tg4. E, quindi, al riparo da qualsiasi trauma causato dal fatto di rendersi conto che il quotidiano preferito dal “Partito dell’amore” ammanisce in continuità bufale intrise di odio.
La trista e triste vicenda di Boffo, l’ex direttore de “L’avvenire”, è recente ed evidentemente non ha insegnato proprio nulla. L’infangamento su false basi è identico. Il vantaggio di questa volta è che a un morto non servirà neppure fare le inutili scuse fatte molto più tardi del dovuto al vivo.

domenica 27 dicembre 2009

Sorprese e conferme

Poche considerazioni in questa settimana che separa Natale dall’inizio dell’anno nuovo e che ci ha portato alcune conferme e alcune sorprese.
Non mi sorprende, per esempio, che Berlusconi scriva al Papa autonominandosi difensore di tutti i valori della cristianità. Mi sorprende, invece, che Benedetto XVI accolga la missiva in silenzio e, considerando la vita pubblica e privata del presidente del consiglio, non gli risponda con l’equivalente di una pernacchia nel galateo pontificio.
Non mi meraviglia che Berlusconi, nel suo delirio di buonismo di facciata che predica contemporaneamente il perdono e il massimo della pena per la stessa persona, dica che il suo è il partito dell'amore. Non so, però, se è conscio che il Partito dell'amore è già sceso in campo con Cicciolina e Moana nel 1992. Dimenticanza o emulazione?
Non mi meraviglia neppure che Galan dopo aver giurato e spergiurato che mai accetterà di fare il ministro per rinunciare al ruolo di governatore del Veneto, sia sul punto di accettare di fare il ministro per rinunciare al ruolo di governatore del Veneto.
Mi stupisce molto, invece, che il Pd eviti di commentare pubblicamente - e di stigmatizzarlo con forza - il comportamento dei suoi consiglieri regionali che hanno votato con Pdl e Lega sulla proposta dei primi di aumentare le indennità di diaria dei consiglieri stessi, mentre nel resto della legge finanziaria si taglia da tutte le parti mettendo a rischio interi settori della produzione, della solidarietà, della cultura.
Non mi sorprende assolutamente che tra tutto lo spam pornografico che tenta di entrare nei nostri blog e che mi costringe a un lavoro di filtro manuale che talvolta ritarda l'apparizione dei vostri commenti, ce ne sia qualcuno in cui la pornografia è mentale e non sessuale. Ma ho sempre detto che non intendo praticare censure, se non per motivi di leggi sulla stampa, e intendo mantenere la parola. Devo però confessarvi che lascio passare con vero ribrezzo - e soltanto perché questo conferma il pericolo che stiamo correndo - alcuni commenti di appoggio all’antisemitismo. E con enorme amarezza lascio passare anche quello che giustifica il razzismo confondendo ancora una volta il diritto a una vita piena e normale delle persone che praticano la religione ebraica, con le malefatte del governo israeliano. Sarebbe come se tutti gli italiani dovessero essere giudicati in base alle azioni di Berlusconi, dei suoi accoliti e dei leghisti.

domenica 20 dicembre 2009

Ritorna l’antisemitismo

O è sfuggito a tutti, o c’è veramente da preoccuparsi molto per il grado di assuefazione raggiunto da tutti.
In un servizio televisivo realizzato in un locale pubblico dove moltissimi giovani della Lega festeggiavano qualcosa, tra le tante schifezze ormai “normali”, se ne è sentita una, antica che mi ha fatto accapponare la pelle: «È ora che se ne tornino a casa questi negri, questi extracomunitari, questi ebrei».
Avete letto bene: “ebrei”. E adesso mi piacerebbe sentire le parole di coloro che per anni hanno detto che quello di buona parte dei sostenitori della Lega non è razzismo, ma soltanto insofferenza nei confronti di chi minaccia di portarci via il lavoro.
Non è che il razzismo nei confronti degli ebrei sia più grave di quello contro chi ha la pelle diversa, o pratica un’altra religione, o parla un’altra lingua, ma è innegabile che riportare alla ribalta l’antisemitismo significa entrare nel razzismo più puro, quello per il quale non ci sono nemmeno scuse pseudoutilitaristiche o pseudogeografiche.
La legge Mancino del ’93 dice che va punito «chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Non mi risulta sia stata mai abrogata.

giovedì 17 dicembre 2009

La pena e l’indignazione

Berlusconi è tornato a casa. E adesso qualche ragionamento lo si può fare con più calma partendo dal fatto che il povero presidente del Consiglio fa doppiamente pena perché di lui, in realtà, non interessa proprio nulla a nessuno. Passi per l’opposizione che sicuramente non può amare chi da una quindicina di anni sta rovinando l’Italia: un attentato per quanto folle, non può cambiare un giudizio basato su fatti che con l’episodio di piazza Duomo non centrano per nulla.
Quello che mi colpisce di più è che sono proprio i suoi a dimostrare, al di là di lacrime ben studiate e di urla molto più sincere, che per loro Berlusconi è in realtà soltanto un mezzo per arrivare dove meglio loro conviene. Lasciamo pur stare i razzisti della Lega che con i loro voti ricattano e ottengono quello che vogliono da molti anni, ma gli altri sono ancora più eloquenti.
Mi fermo soltanto a don Verzé che ha affermato in maniera struggente: «Ho detto al premier che quanto è avvenuto in piazza del Duomo è un monito a lui e al Paese. Monito che poi ho ripetuto al presidente Fini e all’onorevole Bersani. Occorre modificare la Costituzione italiana».
Ma cosa c’entra la Costituzione? Forse che con una Carta diversa il signor Tartaglia non sarebbe riuscito a bucare un servizio di sorveglianza enorme, ma risibile? La risposta è ovviamente no e, quindi, non si può che pensare che anche don Verzé ritenga utile l’attentato per cambiare cose che da destra vogliono stravolgere da sempre. Però, attenzione, il fatto che don Verzè sia stato sentito attribuire a Berlusconi le parole di Cristo - «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno» - dovrebbe far capire che il sacerdote non ha un senso del ridicolo particolarmente sviluppato. E la prova la si ha quando dice anche che «non si rendono conto che Berlusconi ama l’Italia, ed è per questo, non per i suoi interessi, che è sceso in campo, mettendo in gioco tutto se stesso, anima e corpo, anche a rischio della propria salute e della propria vita».
Ripeto: la pena per l’uomo ferito fisicamente non può cancellare la totale opposizione all’uomo che ha usato palazzo Chigi come strumento per curare i suoi interessi (guardate i bilanci Mediaset prima e dopo la “discesa in campo”). Bene ha detto in questo senso Sabina Guzzanti che manda gli auguri di pronta guarigione, ma anche di altrettanto pronta uscita dal governo del Paese.
E questa è soltanto indefettibile opposizione e non odio nei confronti di un signore che invece proprio sull’odio ha costruito il suo consenso. Vi ricordate – tanto per fare un solo esempio tra i tantissimi - quando ha detto che i giudici sono «una specie antropologicamente diversa»? E, per venire ai suoi sodali, cosa pensate di Brunetta che dice che «la sinistra deve andare a morire ammazzata», o a Larussa che sostiene che i giudici «devono morire»? E di Cicchitto, piduista mai pentito, che ha accusato mezza opposizione di essere «mandante morale» del gesto isolato di una persona instabile? O di Bonaiuti che, dietro il suo sorriso bloccato tenta di negare all'opposizione e ai cittadini qualsiasi possibilità di dissenso a parole?
Ripeto: la pena per una persona ferita a tradimento è forte, ma non fa calare neppure di un milligrammo il peso dell’indignazione per quello che ha fatto in questi anni e non fa illanguidire nemmeno vagamente la speranza che se ne vada a casa al più presto. Per intanto, durante la convalescenza, stia stranquillo: noi non sentiremo la sua mancanza. Ma nemmeno i cosiddetti suoi.

martedì 8 dicembre 2009

Il falso mito della governabilità

Dieci minuti, seicento secondi, sono bastati per bocciare 150 emendamenti dell’opposizione durante l’esame della Finanziaria in commissione alla Camera: una media di 4 secondi a emendamento per respingere qualsiasi proposta di modifica evidentemente senza avere avuto neppure il tempo di leggerla. E adesso la storia si ripeterà in aula quando – hanno già annunciato – la maggioranza chiederà l’ennesima fiducia al Parlamento.
Davanti a un simile spettacolo non dobbiamo soltanto guardare inorriditi per quello che stanno facendo la maggioranza berlusconiana, ma anche recitare un profondo “mea culpa” per la miopia con la quale non ci siamo opposti alle leggi elettorali che sono passate nel nome della governabilità e che ci hanno portato al punto in cui siamo adesso.
Perché è proprio il mito della cosiddetta “governabilità” uno dei veleni più potenti ed efficaci nei confronti delle democrazie non particolarmente robuste, o che stanno attraversando un momento di spossatezza. Quello della governabilità può anche essere scelto come parametro fondamentale di progresso, ma si deve essere ben consci che, facendo così, si decide di mettere in un cassetto il concetto di democrazia, perché è evidente che il massimo di governabilità è costituito da una forte dittatura monocratica.
La forza dirompente e l’essenza della democrazia è costituita, invece, dalla sua perfettibilità. Se non si basa più su questo lento e discontinuo incedere comune verso il meglio, cessa di essere democrazia. E cessa di esserlo anche se non si rende conto di essere un mezzo e non un fine, se perde la coscienza del fatto che maggioranza non significa verità.
Ormai il danno è fatto e – anche per l’interesse interno di tutti i partiti – sarà molto difficile tornare indietro, ma questa esperienza deve servire a tutti a trovare la forza di opporsi e di resistere se e quando Berlusconi vorrà tentar di inserire la sua governabilità nella Costituzione. Perché non è questione di Berlusconi che, comunque, prima o dopo non ci sarà più, ma di Costituzione che dovrà servire a noi e ai nostri eredi per tantissimo altro tempo.

lunedì 7 dicembre 2009

I testimoni intolleranti

L'offensiva degli integralisti cattolici continua. Questa volta a entrare nel mirino di coloro che si sentono depositari della parola di Dio è il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, che viene accusato dalla "Padania" di essere un imam più che un vescovo. Si obbietterà che la Padania non è un organo di stampa del cattolicesimo ed è sicuramente vero, ma è anche vero che quando quello stesso giornale ha proposto di mettere la croce al centro del tricolore, nessun integralista cattolico ha alzato la voce per dire che usare la croce con questo spirito è null'altro che un sacrilegio.
Per il resto, ritengo molto difficile dialogare con qualcuno che, sputando a getto continuo giudizi e sentenze, continua a rimanere rigorosamente anonimo e che ritiene evidentemente di essere più nel giusto di prelati di quella Chiesa la cui da lui supposta dottrina (che evidentemente non è quella dei suddetti prelati) brandisce per colpire chi non crede a quello in cui  crede lui.
Il problema dell'anonimo "socosastaipensando" - che si tratti di un profeta? - è quello che probabilmente non ha letto davvero nulla, tranne gli scritti che circolano nel suo entourage e che si arroga il diritto di dire che quello che non ha letto è sicuramente sbagliato.
Curioso, poi, che questo coraggiosissimo anonimo sostenga di essere "semplicemente un testimone della propria fede". Che io sappia i "testimoni" non hanno come attività preferita quella di disprezzare chi non la pensa come loro.
Un merito, comunque, "socosastaipensando" ce l'ha: ci ha fatto vedere ancora una volta con molta chiarezza com'è fatto chi pretende di avere in pugno la verità assoluta. E, se lo avessimo dimenticato, ci ha ricordato come con persone siffatte sia del tutto inutile dialogare.
Parlando di persone più serie, invece, un mio pensiero di rispetto va doverosamente a monsignor Pietro Brollo. Nelle nostre chiacchierate è stato sempre chiaro che uno come me, che non è un non credente, ma che vive nel dubbio, non poteva essere in perfetta sintonia con le idee della Chiesa da lui espresse con forza e rigore. Ma il rispetto per la persona è stato sempre molto forte sia perché le sue idee non tentavano mai di prevaricare quelle degli altri, sia perché da tutti i suoi discorsi trapelava sempre su tutto l'amore per il prossimo che non vedo proprio - per quanto mi sforzi - in coloro che non sopportano i diversi, siano tali per pelle, lingua, religione, gusti sessuali. E che vogliono discriminarli.

venerdì 4 dicembre 2009

Più integralisti che cattolici

A leggere la notizia che i cattolici integralisti attaccano l’arcivescovo emerito di Udine, monsignor Pietro Brollo, perché in un’intervista ha dichiarato che «i diritti vanno riconosciuti a tutte le minoranze, gay compresi», si capisce subito che chiamarli “cattolici integralisti” è assolutamente sbagliato.
Bisognerebbe chiamarli, invece, “integralisti cattolici”, perché il loro connotato principale non è il cattolicesimo, bensì l’integralismo. Sono, insomma, eticamente molto più vicini a Osama Bin Laden che a Benedetto XVI. Sono molto più decisi a imporre con la forza l’obbedienza a parole di intolleranza scritte da uomini che dicono di parlare a nome di Dio (o addirittura alla loro interpretazione), piuttosto che a quelle di amore che sul Vangelo - per chi ci crede o dice di crederci - sono state scritte da persone ispirate in prima persona da Dio; anzi, che l’hanno proprio conosciuto direttamente in una delle sue tre persone.
Sono schiavi di quella “tentazione del bene” - magistralmente intuita e illustrata da Tzvetan Todorov - che nella storia dell’uomo ha fatto molto più danni di qualsiasi “tentazione del male”. Ma probabilmente di Todorov non hanno mai letto nulla, come sicuramente non hanno mai letto neppure qualcosa di Jean-Jacques Rousseau che ha scritto che «di tutti gli attributi di una divinità onnipotente, la bontà è quello senza il quale non la si potrebbe neppure concepire».
Il vero problema, se ci si ostina a prenderli in considerazione, è che viene il dubbio che non abbiano letto con molta attenzione neppure il Vangelo.

mercoledì 2 dicembre 2009

Un bisbiglio non può far dimenticare

Oggi sono tutti ad ascoltare le parole bisbigliate da Fini durante un convegno a Pescara per dire a un magistrato cosa esattamente pensa di Berlusconi. E il presidente del Consiglio, ovviamente, si arrabbia, sia perché ritiene impossibile che qualcuno possa impunemente criticarlo, sia - e forse soprattutto - in quanto, a proposito di impunità, comincia a percepire che, se cade il governo, lui rischia davvero grosso perché scompare la possibilità di sottrarsi a quel giudizio che invece tocca a tutti gli altri italiani accusati di avere commesso qualche reato.
Ma da tutto questo, in attesa di vedere cosa succederà nella «coesa» casa del Pdl, mi sembra importante ricordare alcune cose.
La prima: è vero che in casa del presidente del Consiglio non tutti la pensano come lui e che non tutti lo rispettano, ma è altrettanto vero che queste cose nessuno di loro ha il coraggio di dirle ad alta voce e, anzi, fa l’offeso quando chi sta dall’altra parte si permette di criticare il capo. Se avessero davvero detto quello che pensano, probabilmente l’Italia non sarebbe in quella disastrata situazione in cui è. E non si tratta di destra o sinistra, ma di politica o interessi.
La seconda: Fini sta facendo non soltanto la figura dell’eroe della resistenza al "monarca", ma addirittura si erge come paladino della dignità, della libertà, delle istituzioni e della democrazia. Ebbene, a parte il fatto che avrei preferito sentirgli dire ad alta voce ciò che ha invece bisbigliato, non riesco a togliermi dalla testa che è stato lui a proporre sia la legge Bossi-Fini che permette di essere aguzzini contro gli immigrati, sia la legge Fini-Giovanardi che parifica le droghe leggere a quelle pesanti e che considera il rapporto Stato-cittadino unicamente in senso punitivo.
La terza: ho il terrore che la sinistra si consideri soddisfatta della frana che sembra finalmente travolgere Berlusconi e non pensi che proprio per questo deve accelerare sulla strada di una strategia che parla di programmi e di alleanze, cose molto più importanti degli equilibri interni che, almeno per un po’, potrebbero davvero essere messi da parte.

lunedì 30 novembre 2009

Sorprese a diversi gradi

In Svizzera un referendum stabilisce che gli islamici non potranno costruire minareti. In Italia la Lega esulta e propone di inserire una croce sulla bandiera italiana. In Vaticano i vescovi affermano di essere preoccupati perché «strumentalizzare le religioni porta sempre frutti avvelenati».
In tutta sincerità la risposta degli svizzeri non stupisce più di tanto, ricordando come in quel Paese si viva de sempre in un clima quasi da assedio, che fa guardare con paura non soltanto verso gli immigrati – compresi quelli italiani – e le forze di polizia straniere che cercano di frugare tra le porcherie esistenti in quei caveau di banche che sono state molto accoglienti per i nazisti e i loro bottini, ma anche nei confronti dell’Onu.
Stupisce un po’ di più l’atteggiamento dei leghisti. Non tanto per il fatto di voler approfittare del simbolo religioso per sfrucugliare nei recessi più bui e paurosi dell’animo umano, quanto perché vogliono inserire il crocifisso - per il quale raccolgono firme sul banchetto accanto a quello in cui chiedono sottoscrizioni contro il diritto alla sepoltura religiosa per i musulmani - su quel tricolore con il quale Umberto Bossi, attuale ministro della Repubblica, suggeriva a Venezia di servirsi «per pulirsi il culo». E il crocifisso, in questo caso?
Stupisce molto di più la reazione dei vescovi. Anzi, stupisce il loro stupito rammarico. Davvero non se l’aspettavano che si arrivasse a questo? Davvero non credono che se non si interviene con decisione, questa deriva continuerà ad allargarsi come è successo nella prima metà del secolo ai rigurgiti nazisti? Davvero non si sentono un po’ strani a rammaricarsi per il disprezzo verso il simbolo di un’altra religione, mentre non passa giorno senza che il Papa non esprima la necessità che il crocifisso faccia bella mostra di sé nei luoghi pubblici anche se chi lo guarda non capisce più nemmeno di cosa si tratti? Davvero non si sentono responsabili di essersene rimasti ancora una volta in silenzio mentre il razzismo della Lega – perché di razzismo si tratta – ha allargato le sue maglie in una colpevole e diffusa indifferenza?
Abbassare i toni? E perché? Per permettere ai razzisti di portare avanti i loro orrendi propositi di una teorica rancorosa sicurezza? Sono stati proprio i toni bassi, o addirittura l’assenza di parole in più di un campo etico a portarci dove siamo ora. E a rimetterci è anche la Chiesa stessa nella quale moltissimi, che continuano a credere in Dio, ormai credono davvero poco.

martedì 24 novembre 2009

Toni da non abbassare

«Abbassare i toni». Nessuna sorpresa nel sentirlo dire, se non il fatto che ce lo aspettavamo un po’ prima in questa vicenda dell’ennesima legge ad personam che va a cozzare ancora una volta contro uno dei tre poteri dello Stato, quello giudiziario.
L’unica cosa da segnalare – ma non è piccola cosa – è che a richiedere l’abbassamento dei toni sia la seconda carica dello Stato, quello stesso Schifani che, a proposito di toni da abbassare, pochi giorni fa ha cominciato a parlare di elezioni anticipate ripetendo pedissequamente quanto diceva Berlusconi. Prima, ovviamente, che quest’ultimo si smentisse con il solito “Sono state male interpretato”. Un presidente del Senato che vuole appropriarsi nelle prerogative del Presidente della Repubblica vi sembra un esempio di toni bassi?
E adesso ci aspettiamo che Schifani rimproveri anche Ciampi, presidente emerito della Repubblica, per la dura e sfiduciata reprimenda contro la legge che più che del “processo breve”, dovrebbe essere chiamata della “prescrizione allargata”.
Ma poi: basta con questi toni da abbassare. Se ne parla come se l’importante fosse il tono e non la sostanza. Se uno fa approvare una legge che salva lui, ma tradisce centinaia di migliaia di cittadini è lui a essere in torto, oppure chi, come i parenti delle vittime della Thyssen o i truffati da Tanzi e Cragnotti, protestano per quello che sta facendo?
Come si fa a dire al procuratore Spataro che deve abbassare i toni quando sottolinea che se davvero soltanto l’un per cento dei processi sarebbe annullato, allora questa legge «per il bene dei cittadini» - come dice Gasparri con supremo sprezzo del ridicolo – sarebbe del tutto inutile, visto che il 99 per cento dei processi sarebbe veloce e regolare.
Come si fa a rimproverare gli operai che per salvare il proprio lavoro e le proprie famiglie salgono sui tetti o sulle gru? Forse perché è il rumore che dà fastidio visto che loro parlano e argomentano, mentre alcuni imprenditori delocalizzano, oppure chiudono, ma in perfetto silenzio?
Magari ci fossero sempre dei toni alti: vorrebbe dire che in questa nostra Italia esisterebbe ancora quella passione che è stata l’ingrediente fondamentale per farla crescere dopo le rovine della dittatura e della guerra. E non quel torpore civile che spaventa più di ogni altra cosa perché toglie anche quella speranza nel futuro che si alimenta anche grazie all’indignazione davanti alle porcherie.

venerdì 13 novembre 2009

Assenza di pudore

La cosa che impressiona di più è la totale mancanza di pudore. Che Berlusconi intenda fare qualsiasi cosa per non essere giudicato per le cose di cui è accusato è scontato. Che crei per sé delle leggi tagliate su misura non può più sorprendere visto che questa è la diciannovesima legge ad personam. Ma la faccia tosta della maggior parte dei suoi serventi (la parola alleati mi sembrerebbe colpevolmente laudativa) è davvero incredibile.
Quest'uomo manda al macero decine di migliaia di processi pur di salvare se stesso; lascia senza giustizia i truffati da Cirio e Parmalat e i parenti delle vittime della Thyssen, anche se contemporaneamente permette che si continui a essere inflessibili con i ladri di generi alimentari e con gli immigrati; fa scrivere testi di legge che non potranno non inciampare nell'incostituzionalità. A vedere questa legge addirittura viene da rimpiangere il Lodo Alfano che avrebbe provocato meno danni.
Eppure davanti a tutto questo tutti i suoi serventi (tranne una parte degli ex An) dicono con grande faccia di bronzo che la loro è una preoccupazione per creare una giustizia vera. Il fatto che questa esigenza sociale sia arrivata soltanto dopo la bocciattura del Lodo Alfano a loro non sembra assolutamente significativa.
A questo punto la domanda inevitabile è: ha ancora senso discutere con personaggi di tale fatta? Direi proprio di no, mentre è sempre più importante riuscire a parlare con coloro che già non hanno mandato le menti all'ammasso. E, quindi, una preghiera: basta dibattiti televisivi dove l'importante è soltanto urlare più forte degli altri, e sempre più un ritorno in piazza dove la gente può ancora essere raggiunta per farle giungere qualche parola che non sia filtrata dai Tg di Minzolini, Fede e compagnia.
Uno potrebbe dire che al dialogo non si deve rinunciare mai. E avrebbe ragione. Ma questo non è un dialogo: è una vergognosa presa in giro.

lunedì 2 novembre 2009

Il ritorno alla piazza

«Avevo fame, e voi mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato dell'acqua, ero straniero e mi avete ospitato nella vostra casa, ero nudo e mi avete dato dei vestiti, ero malato ed in prigione e siete venuti a trovarmi!».
Lo ha scritto Matteo, un extracomunitario, in un libro chiamato “Vangelo” riferendo parole dette da un altro extracomunitario e convincendo della bontà di questi concetti un bel po’ di persone, probabilmente tutti “anti italiani” secondo la vulgata della Lega e della maggioranza che a essa è legata a doppio filo.
Intendiamoci: uno è libero di crederci o non crederci. Quello che non può fare è sbeffeggiare la parola di Cristo e contemporaneamente ergersi a suo paladino. Eppure lo vediamo accadere ogni giorno mentre i razzisti della Lega vogliono anche togliere l’assistenza sanitaria a chi è entrato nel nostro Paese in maniera burocraticamente non regolare  e mentre continuano a raccogliere firme per negare agli islamici anche il diritto a essere sepolti in osservanza dei loro riti religiosi.
Quello dei banchetti per la raccolta di firme, poi, deve essere ridiventato un buon sistema per fare breccia nella mente degli italiani. Anche i berlusconiani, infatti, raccolgono firme contro i “panettoni” in cemento che stonano nel centro città di Udine.
Per carità, l’estetica è importante, ma lo sostanza lo è molto di più. E allora perché i partiti dell’opposizione non contrappongono i loro banchetti per raccogliere firme contro il razzismo, contro il conflitto di interessi, per la libertà di stampa, per un’azione contro la crisi che attanaglia le famiglie e non soltanto contro quella che infastidisce le banche? E gli spunti potrebbero essere infiniti.
Lo dico ai cattolici dell’Udc, agli arrabbiati dell’Idv, ai volonterosi del Pd, a tutti gli inflessibili che si riconoscono nella galassia di partitelli della sinistra nella quale ormai non è facile nemmeno orientarsi. In piazza ormai ci vanno soltanto i sindacati – e non tutti – e si beccano rimbrotti dai benpensanti di tutte le parti.
Eppure un partito che vuole avere contatto con il popolo deve realizzarlo anche fisicamente e, se non ha televisioni a disposizione, deve tornare a utilizzare la piazza per parlare, per spiegare, per convincere, per ascoltare, per correggersi. Ma nessuno lo fa più.
Forse è davvero ora che i cosiddetti “movimenti” tornino a operare e a farsi sentire per cercare di aiutare.
Ovviamente senza grandi speranze di essere ascoltati, ma almeno per sentirsi un po’ più a posto con la propria coscienza.

domenica 1 novembre 2009

Giustizia fai da te

Suggestiva la recente presa di posizione di Berlusconi: «Anche se i giudici mi condanneranno, non mi dimetterò». Suggestiva perché a uno che si è sempre imposto di osservare la legge, ha il sacro timore dei tribunali e pensa a una condanna più come a un motivo di vergogna che come un peso per la pena da pagare, questo atteggiamento spalanca un nuovo mondo, non solo inesplorato, ma addirittura insospettato.
Prima – semplifico – credevo che ci fossero i buoni e i cattivi, o, meglio, che ci fossero persone che in certi momenti sono buone e in altri cattive. Ma non avrei mai pensato che ne esistessero alcune che sono al di sopra del bene e del male e che decidono loro cos’è buono e cos’è cattivo, che dispongono di una “giustizia fai da te”. E devo dire che l’idea mi affascina.
Se, per esempio, mi scade il tagliando per la sosta a pagamento e vedo un vigile che mi appone una multa sotto il parabrezza, potrei dire che, anche se lui dice che io sono in torto, della cosa non mi interessa nulla perché si rende responsabile di un sovvertimento della mia verità. Senza contare, poi, che questi vigili urbani mica sono stati eletti dal popolo.
Forse bisognerebbe rispondere a Berlusconi in maniera più seria, ma davanti a certe assurdità è davvero inutile perdere tempo. Ringrazio “saritaciani” che è disposta a darmi lezioni di pernacchia. Per intanto devo limitarmi a inviare un “prrrrr” via web.
Se qualcuno vuole farmi compagnia...

lunedì 26 ottobre 2009

Sensibilità democratica

Berlusconi sa, grazie a un suo giornale, che esiste un video compromettente per Marrazzo e lo avverte rassicurandolo che non ne approfitterà, con i suoi giornali, per rovinare un avversario politico.
Berlusconi è un uomo capace di comprensione? Ha fatto male perché doveva rendere pubblico uno scandalo, visto che per gli uomini politici il pubblico e il privato non possono essere separati?
Francamente il dibattito mi interessa, ma non mi appassiona. Mi colpisce fortemente, invece, che il Berlusconi capo del governo si trovi nella situazione di comportarsi in una certa maniera soltanto perché è contemporaneamente il Berlusconi padrone di gran parte dell’informazione italiana.
E ancora di più mi colpisce il fatto che nessuno dica neanche mezza parola su questo ennesimo e clamoroso caso di conflitto di interessi.
A Bersani, al quale auguro i migliori successi per il bene di tutti, spettano colpi molto gravosi. Ma forse il più gravoso di tutti sarà quello di ridare sensibilità democratica a un popolo che, a furia di ricevere calci in faccia o in altre parti, ha perduto quasi completamente la capacità di accorgersi che sta succedendo qualcosa di sbagliato. E che, conseguentemente non si indigna più. Anche se forse saprebbe ancora farlo.

mercoledì 21 ottobre 2009

Elogio della pernacchia

Purtroppo non so farla, ma sarei disposto a pagare qualcuno che mi dia lezioni di pernacchia perché mi sto rassegnando a credere che questo sia uno dei pochi modi efficaci per interloquire con una maggioranza che continua a fare cose terribilmente dannose per la comunità, a straparlare, a opporre soltanto decibel straripanti a fatti e a ragionamenti. La pernacchia, poi, non è reato, anche se sicuramente è un po’ maleducata, ma infinitamente meno di certe espressioni di Cicchitto, Gasparri, Capezzone, per non parlare di Feltri e Belpietro che della maggioranza non fanno parte ufficialmente, ma ne sono il braccio armato.
In quale altra maniera si può rispondere, infatti, a chi dice che la crisi è già quasi finita, ma che si perderanno ancora 500 mila posti di lavoro? Si può seriamente parlare di fine della crisi fino a quando continua e infuriare la crisi del lavoro e delle famiglie che non ce l'hanno più?
E cosa si può dire di serio a chi, proprio nel momento in cui nega qualsiasi diritto ai precari che hanno lavorato per una vita nella scuola, comincia a inneggiare al posto fisso, al contratto a tempo indeterminato?
Come rispondere a chi fa confezionare un servizio televisivo intimidatorio su un giudice solo perché ha condannato Mediaset a pagare un’ancorché poderosa multa per le corruzioni del caso legato al lodo Mondadori? Il fatto che abbiano dovuto fermarsi al colore dei calzini del giudice Raimondo Mesiano e al suo vizio di fumarsi una sigaretta attendendo il suo turno dal barbiere, testimonia che proprio non c’era nulla da scoprire, nemmeno una multa per divieto di sosta; ma appare mafiosamente minaccioso perché fa capire che appena sgarri dalla condotta pretesa dal capo, sono pronti a ribaltare la tua vita pur di – come dice Berlusconi – “sputtanarti”.
E a proposito di Berlusconi, è servito a qualcosa ricordargli che lui, per la Costituzione e per le leggi elettorali, non è un “premier”, ma un “presidente del Consiglio” pro tempore? Tanto lui insiste a dire che è stato eletto dal popolo. È convinto che tutti gli credano e resta malissimo quando la Corte costituzionale gli ricorda che lui non è “super pares”, ma “inter pares”.
E come rispondere seriamente alle stupidaggini recitative e falsamente compunte di Capezzone? alle bugie irridenti di Bonaiuti? alle parole senza sostanza di Gasparri? E fermiamoci qua perché l’elenco sarebbe lungo.
È vero: fare pernacchie non è politicamente qualificante né edificante, non fa crescere il livello culturale, né presuppone uno sforzo di miglioramento sociale. Ma lasciarsi trattare da scemi senza mai reagire, alla lunga diventa frustrante.

martedì 13 ottobre 2009

Le due paure

Devo confessare che comincio a sentir trasformare in paure un po’ di fastidi e timori che mi disturbano da alcuni anni.
La prima paura è legata a Berlusconi e a cosa potrà fare nella sua disperazione di uomo che sente sfuggirgli di mano il potere e, con questo, sia l’impunità davanti a processi nei quali non vuole discutere delle accuse che gli sono rivolte, sia quel conflitto di interessi che a noi toglie democrazia, ma che a lui ha consentito dapprima di salvare Mediaset, azienda che nei primi anni ’90 era sull’orlo del baratro e che si sosteneva soltanto grazie alle massicce quantità di miliardi che le erano dirottare dalla Standa, e poi di dilatare gli utili fino a renderlo uno degli uomini più ricchi del mondo.
Paura legata al suo forsennato attacco a tutte le istituzioni repubblicane e democratiche, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale, dalla magistratura all’informazione, dall’opposizione alla stampa estera; un attacco che aumenta di giorno in giorno la propria virulenza e che non si sa dove potrà portare sotto le spinte combinate degli interessi suoi e di quelli razzistui e separatisti della Lega che lo tiene in pugno – personalmente molto più che politicamente - grazie ai propri voti parlamentari. Alla fine, come tutti i governanti autoritari, duri o morbidi che siano, dovrà abbandonare il suo posto, ma lascerà un cumulo di macerie sulle quali sarà molto faticoso ricostruire quella democrazia che sognavano i costituenti e che per decenni hanno sognato quasi tutti gli italiani.
Ma se Berlusconi mi fa paura, molto di più me ne fa la rassegnazione della stragrande maggioranza degli italiani. Come si fa a veder distruggere il tessuto democratico di un Paese senza reagire? Come si fa a guardar massacrare il mondo del lavoro, senza rispondere? Come è possibile accettare di sentire vere e proprie bestemmie istituzionali tipo che la Consulta, facendo il suo dovere, manca di rispetto al Parlamento, senza neppure dargli dell’ignorante? Come può passare quasi sotto silenzio il fatto che lui continui ad affermare che, visto che è stato eletto, le regole normali per lui non devono valere?
Non sto parlando, ovviamente, di reazioni violente, ma soltanto di contrapposizioni dialettiche lecite e legali. Fin quando rimarranno tali. Sto parlando di manifestazioni, di comizi, di occasioni pubbliche di dissenso che devono moltiplicarsi perché sono l’unico modo per bucare l’ombrello protettivo delle televisioni a lui asservite e raggiungere anche chi non legge, ma magari passa di là per caso. Sarà poco, ma sempre meglio di quasi nulla.
Avremmo bisogno di ritrovare quella grinta che appare sacrificata sull’altare di un “politically correct” che sembra toccare soltanto il centrosinistra. Avremmo bisogno di non sentir più autorevoli uomini politici e pensatori ripetere che non si può vivere di antiberlusconismo e che invece bisogna pensare a programmi seri.
Ma, scusate, forse le due cose non possono convivere?

lunedì 5 ottobre 2009

Le ”bufale” su internet

In una mail, come promesso, il signor Alvise Lesna mi invia un pdf con delle immagini di islamici che reggono cartelli con scritte minacciose e accompagna questo invio con la frase «Vediamo se ha il coraggio di pubblicare queste immagini nel suo blog! Se lo farà allora cambierò opinione su di lei».
Mi spiace, ma queste immagini non le pubblicherò e non perché me ne manchi il coraggio, ma semplicemente perché sui tratta di una “bufala”; sono usate, cioè, in un contesto falso. Non si tratta, infatti, di fotografie scattate, come afferma il pdf, «recentemente» durante la manifestazione londinese di “Religione per la pace”. Un pdf che, tra l’altro, si conclude con un altrettanto minaccioso «Fino a quando continueremo a sopportare tutto questo?».
Si tratta, invece, per la maggior parte, di fotografie dell'Associeted Press scattate quasi quattro anni fa, nel febbraio 2006, davanti all'ambasciata danese a Londra, nel corso di una manifestazione di protesta per le vignette di satira su Maometto che gli islamici percepirono come blasfeme.
In quella manifestazione la polizia arrestò cinque dimostranti e poco dopo Muhammed Abdul Bari, del Consiglio Mussulmano di Gran Bretagna, dichiarò all'Indipendent che «coloro che si impegnano in azioni delittuose e coloro che li appoggiano sono nemici di tutti, mussulmani e non mussulmani, perché agiscono contro i nostri valori condivisi».
Diversa fu la reazione dell'attuale ministro Calderoli. Si presentò in televisione con una maglietta che riproduceva la vignetta incriminata, dichiarando che avrebbe portato dei maiali a orinare sul suolo destinato alla costruzione del centro islamico di Bologna, per rendere il terreno impuro.
Gli estremisti, quindi, esistono da tutte le parti purtroppo. Come pure le persone ragionevoli e disposte al dialogo che però lei non vede, o addirittura disprezza. Internet è evidentemente una grande fonte di informazioni, ma manca del tutto di garanzie di attendibilità delle notizie e quella dell’inesistente manifestazione "religione per la pace" è ormai in giro da tanto tempo e sembra impossibile fermarla.
L’obiettivo di chi ha creato questo falso è quello di creare danni incitando più gente possibile all'odio e alla intolleranza. Responsabilità di chi lo diffonde senza controllarlo è quella di aiutare i fondamentalisti di tutte le religioni. Come, del resto, fa chi vuol negare a chi ha un’altra fede anche il diritto di una sepoltura religiosa.
Per il resto delle sue "accuse", è vero, spesso siamo degli idealisti e, per quanto strano possa sembrarle, ne siamo anche fieri. E, sempre per quanto strano possa sembrarle, non ho nemmeno intenzione di dirle se e quando faccio qualcosa per gli immigrati. Sia perché non vedo cosa ci sia da vantarsi, sia in quanto non accetto minimante di fare differenze tra un islamico e un cristiano che soffrono.
Glielo ripeto: questo blog è sempre stato aperto e tale rimarrà, ma se pensa di poterne indirizzare i contenuti, si sbaglia della grossa.

venerdì 2 ottobre 2009

La civiltà non è un pdf

So che per molti sarà difficile crederlo, ma vi assicuro che il commento di Alvise Lesna a "Lezione di civiltà" non l’ho scritto io e che, anzi, mi corre l’obbligo di ringraziare questo lettore perché mi fornisce una splendida serie di succulenti assist per mettere in chiaro anche alcune cose proprio nel momento in cui certi parlano e certi sproloquiano sulla libertà di stampa. Vado per punti.
– Il Messaggero Veneto è un giornale e non una rete televisiva assoggettata alla politica che si divide testate e poltrone direttoriali. Quindi non ha obblighi di moderazione, né, tanto meno, di par condicio. Il quotidiano di Udine fa il suo lavoro con il massimo dell’obbiettività possibile e talvolta critica la destra, come critica la sinistra. I lettori hanno il diritto di scegliere se comprarlo o meno a seconda della completezza e dell’obbiettività dell’informazione e dell’eventuale consonanza ideale, politica e sociale. Possono scegliere di non comprarlo, ma la linea politica dipende soltanto dal direttore e non dai supposti gusti di chi lo legge.
2 – Detto questo, il mio blog attiene alla mia responsabilità e non a quella del Messaggero Veneto che ospita me, giornalista della testata, come ospita anche molta altra gente che non fa il giornalista e che non ha rapporti di lavoro né con la testata, né con il gruppo.
3 – Non avevo il minimo dubbio che non tutti la pensano come me e che qualcuno anche si indigna per quello che scrivo. Ma le assicuro che, pur con suo sommo sconvolgimento, c’è un bel po’ di gente che la pensa come me.
4 – Lei dice che manca un contraddittorio. Se fosse vero non sarebbe apparso il suo commento e adesso non starei rispondendole.
5 – Che alla Udine non comunista non freghi niente del programma del PD – scusi se copio le sue parole - non me ne frega niente. C’è un bel po’ di gente, invece, che guarda al PD non con soverchia simpatia, ma con un bel po’ di speranza perché ritiene che in questo momento possa essere l’unica forza catalizzatrice capace di coalizzare una massa di cittadini votanti capaci di far finire l’incubo berlusconiano.
6 – Torno per un momento sul termine “comunista” che, come i suoi ispiratori lei usa per definire tutto ciò che non è berlusconiano. Le assicuro che all’interno dell’opposizione c’è una varietà di posizioni infinite. Magari così non fosse.  Poi, se lei pensa di offendere usando questo termine si sbaglia di grosso perché di comunisti in Italia non ce n’è quasi più nessuno, mentre di fascisti il numero è ancora molto abbondante.
7 – È vero, sono un giornalista e me ne vergogno quando penso che è proprio la mia categoria con il suo non far bene il proprio lavoro ad aver permesso la nascita di questo incubo. Tra l’altro mi piacerebbe anche essere un ideologo, ma non ne ho certamente la capacità
8 – Sono felice che lei consideri il mio punto più buio quello in cui dico che gli islamici hanno il sacrosanto diritto di avere un loro cimitero. Detto da uno come lei ha la brillantezza di una medaglia al merito.
9 – La mia e-mail è g.carbonetto@messaggeroveneto.it. Mi interessa molto vedere con quale pdf lei sostituisce la sua coscienza. Stia pur certo che l’etica di chi continua a credere che tutti gli uomini siano uguali affonda le sue radici molto più lontano nel tempo (all’incirca duemila anni fa) e ben più in profondità di quello che può derivare da una fotografia. A proposito, se è un appassionato di cose sanguinolente, posso procurargliene molte legate alle nostre guerre di religione, o di conquista coloniale.
10 – Le ripeto che il suo commento è stato per me come un raggio di sole. Se gli aliofobi – e probabilmente razzisti – ce l’hanno con me, allora vuol dire che sto procedendo nella direzione giusta.
Cordiali saluti

martedì 22 settembre 2009

PD 8 - Libertà di primo grado

L’ultima tra le tante cose che vorrei chiedere al PD è una definitiva chiarezza nel rapporto tra “laici” e “credenti”, anche se queste due definizioni sono rozzamente semplificate e, quindi mistificanti perché il panorama è infinitamente più complesso. È un punto fondamentale: da sempre ritengo che non ci sia incompatibilità tra la fede (o il dubbio) e la sinistra e, anzi, sostengo che chi crede non dovrebbe neppure ipotizzare di voler votare a destra perché se è vero che Dio ci ha fatto tutti uguali, da quella parte trovo solo separazioni e diversità.
Il fatto è che il dialogo è difficile perché entrambe le parti fanno di tutto per non capirsi. La Chiesa talvolta sembra dare importanza soltanto ad alcuni comandamenti. È difficile capire, per esempio, perché il Papa non parli con la stessa sdegnata potenza e la medesima frequenza che usa per condannare l’aborto, la fecondazione assistita o le cellule staminali, contro la guerra, o contro quel liberismo che ha portato con sé, pur con percorsi diversi, la stessa negazione dell’uomo e di Dio che è stata imputata al cosiddetto socialismo reale. Eppure, già da prima che Leone XIII lo ricordasse nella Rerum novarum, da sempre tra i «peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio per la loro straordinaria malizia» ci sono anche l’«opprimere i poveri» e il «defraudare della giusta mercede i lavoratori». E per me è impossibile anche capire come, con crudele intransigenza, si sia potuto rifiutare il funerale religioso a Piergiorgio Welby.
Ma anche la sinistra è riuscita a fare cose senza senso: impedire il discorso del Papa a La Sapienza ha avuto più un sapore di censura aprioristica che di laicità. Folle, poi, applaudire Bossi che dice al Papa di occuparsi solo delle cose vaticane, quando il Papa lo redarguisce sui diritti umani calpestati dalla Lega.
Con questi presupposti non sarà facile arrivare a un incontro, ma ci si deve provare. E sono tre, secondo me, i punti su cui si deve sviluppare il ragionamento.
Punto primo. Peccato e reato non sono coincidenti. Lo fossero, non soltanto sarebbe impossibile la convivenza tra persone di religione diversa per le quali la "materia grave" non sempre è la stessa, ma addirittura la democrazia rischierebbe di essere considerata null’altro che un terribile peccato di superbia in quanto si pretenderebbe di mettere in discussione scelte già effettuate dall’alto. Anzi, dall’altissimo.
Punto secondo. La libertà di parola è un diritto di tutti. Nostro, ma anche della Chiesa, sia a livello dei vertici vaticani, sia a quello di tanti sacerdoti che sono cittadini italiani, anche per dare a tutti la possibilità di avere "piena avvertenza" su quello che si sta facendo. Del resto, visto che questo diritto non è minimamente negato a gente come Borghezio, Brunetta e Capezzone (giusto per fare solo alcuni esempi), non si capisce perché dovrebbe essere tolto a persone sicuramente più serie.
Punto terzo. L’unica soluzione possibile è quella della libertà di coscienza, ma non di quel simulacro vuoto di libertà di coscienza di cui vanno cianciando i nostri parlamentari, bensì di una libertà di coscienza vera ed effettiva, una libertà per così dire di primo grado, che diventi un bene di tutti i cittadini italiani e non soltanto di alcuni. È ridicolo, infatti dire che deputati e senatori possono votare secondo coscienza se l’effetto del voto è quello di togliere la libertà di coscienza agli altri. A loro dovrebbe toccare – se credono davvero che il punto uno e il punto due siano incontrovertibili – soltanto di non incatenare con il proprio voto la coscienza altrui. Poi ognuno potrà scegliere se peccare o meno. Con sua "piena avvertenza" e conseguente piena responsabilità. E con la certezza che il giudizio vero toccherebbe a Dio, se c'è, e a nessun altro.
Perché ai tre poteri dello Stato spetta di fare in modo che non ci siano reati, non che non ci siano peccati. Perché nella democrazia rappresentativa si delegano alcune scelte, non tutte; almeno non quelle che possono costringere un uomo a disprezzarsi. Questo può avvenire soltanto nei regimi totalitari.
Con buona pace di tutti credo che il Partito Democratico dovrebbe lasciare ai cittadini italiani non un rimasuglio di libertà, ma una vera libertà di primo grado. Almeno se spera di riuscire ad allargare il suo elettorato ai tantissimi delusi dalla democrazia italiana.

martedì 15 settembre 2009

PD 6 – Promettere e fare

Berlusconi non ha più limiti. Fa attaccare violentemente dal suo dipendente più pagato e spietato l’(ex?)alleato Fini; non può ancora chiudere giornali, ma blocca le trasmissioni delle sue reti televisive e fa rimandare quelle della Rai pur di non avere concorrenza nello spot che pensa di ammanire ai telespettatori sui “successi” ottenuti nella ricostruzione d’Abruzzo; spot falso come tutta la pubblicità che si rispetti. Attacca la libertà di stampa in Italia e tenta di farlo anche all’estero. Riduce l’Italia a un punto tale che l’ONU – prorpio l’ONU. Ufficialmente – la disprezza e la redarguisce perché non rispetta i diritti umani. Pretende che la Chiesa valuti il comportamento morale in maniera diversa se il giudizio riguarda lui o gli altri. E così via, ma la lista intera sarebbe troppo lunga.
In questa situazione potrebbe sembrare assurdo continuare a parlare del prossimo congresso del PD, ma così non è perché è necessario pensare a come accelerare una caduta che è già cominciata e, soprattutto, farsi trovare pronti a raccogliere i cocci di quello che Berlusconi ha distrutto per tentare di rimetterli insieme. E, come ho detto all’inizio di queste chiacchierate, il Pd è l’unico in questo momento (visto le divisioni della sinistra e le alleanze variabili del centro) a poter ambire a rivestire il ruolo di catalizzatore delle forze di opposizione per trasformarle in forza di governo.
Ma questo potrà avvenire soltanto se saprà attrarre quelle tante centinaia di migliaia di elettori che non vanno più alle urne perché delusi dalle promesse tante volte pronunciate e mai mantenute.
Una tra le più importanti balza prepotentemente in primo piano proprio in questi frangenti ed è quella legata a una legge sul conflitto di interessi. Il centrosinistra per due volte è riuscito ad andare a Palazzo Chigi e per due volte non ha ritenuto che il conflitto di interessi fosse davvero un’emergenza nei fatti oltre che nelle parole.
Se il centrosinistra non avesse tergiversato e tradito la fiducia di milioni di elettori, oggi non saremmo in questa condizione in cui l’emergenza democratica non è un rischio, bensì una realtà. E la libertà di stampa non deve e non può interessare soltanto me e i miei colleghi giornalisti: deve fare parte della vita di chiunque creda davvero nella democrazia con la sua separazione di poteri e con il suo complesso ma insostituibile sistema di controlli e contrappesi che ne garantisce la sopravvivenza.
Perché questa volta dovremmo credere alle promesse del Pd? Sinceramente non lo so, ma sono sicuro che se qualcuno desse davvero l’impressione di credere in quello che promette e se sul conflitto di interessi si impegnasse con forza, molti tornerebbero a votare volentieri.
Poi ci sono molte altre cose su cui impegnarsi, ma su queste tornerò domani.

giovedì 10 settembre 2009

PD 5 - Pensieri e parole

Dopo aver parlato di come vorrei che fosse il Pd, adesso comincio a dire cosa vorrei che facesse.
Ripeto quello che ho già detto nel primo di questi piccoli ragionamenti che non riescono a trovare né apprezzamenti, né contraddittori scritti (ringrazio, a proposito, Simonetta Cortolezzis), anche se quelli parlati, detti di persona non sono mancati: il mio intento non è quello di imporre alcunché al Pd (sarebbe assurdo), ma semplicemente di esplicitare quelli che secondo me e molti altri che hanno avuto passione politica, pur senza sottoscrivere tessere, sono delle scelte fondamentali perché il partito possa coagulare attorno a sé e far tornare a votare molti delusi, e perché abbia maggiori possibilità di allacciare alleanze con una sinistra che prima o dopo dovrà finirla di cullare quel “cupio dissolvi” che la sta togliendo dalla vita del Paese.
Una delle cose che più si desidererebbe è sicuramente quella di tornare a sentire prese di posizioni nette davanti ad avvenimenti e a scelte del governo che, invece, riescono a passare quasi sotto silenzio. L’accusa non è quella di mancanza di pensiero, perché poi, nelle riunioni e nelle chiacchiere i ragionamenti escono chiari e netti; l’accusa è che ai pensieri non seguono le parole in una continua attenzione a non sbilanciarsi per non scoprire il fianco né di fronte agli avversari esterni, né davanti a quelli interni.
Un esempio? Ho atteso invano che la maggior parte del partito insorgesse davanti alle frasi più volte ripetuta da organismi economici internazionali, governo e Confindustria che la crisi – riassumo in maniera grezza – è ormai quasi conclusa e che comincia la risalita economica, ma non per il lavoro che, invece, continuerà a reclamare vittime anche nel 2010.
Quello che mi sarei aspettato da sentire – e con voce indignata e magari anche sopra le righe – dalla maggior parte dei dirigenti del Pd è che questa dichiarazione è stupida e, quindi, inaccettabile. Come si può parlare di crisi finita, se la gente continua a perdere il lavoro, se sempre più famiglie non riescono più a far fronte a debiti e mutui, se non riescono ad arrivare a fine mese?
Attenzione: la mia non è un’affermazione comunista che fa rivivere antiche e non risuscitabili lotte di classe. È anche una considerazione di schietto capitalismo, di quel capitalismo economico, ben s’intende, che si basa sull’incremento della produzione di beni materiali e di servizi, e non di quel capitalismo finanziario che si fonda, invece, esclusivamente sulla circolazione di denaro fittizio e sulla creduloneria di tantissime persone che spesso credono di avere a che fare con persone serie e invece si trovano davanti a truffatori in giacca e cravatta.
Se non c’è lavoro la crisi non può passare perché non ci sono stipendi, quindi, non ci sono i mezzi per far girare quel mercato che, in una società come la nostra, è l’unico propellente possibile per lo sviluppo. Molti lo dicevano anche quando gli imprenditori cominciavano a delocalizzare: sono stati accusati di comunismo e oggi si vede che erano semplicemente persone capaci di ragionare con la loro testa. Oggi quel messaggio andrebbe ripreso.
E il Pd dovrebbe farlo non soltanto per il mercato, ma per ogni uomo e ogni donna di questa Italia perché il lavoro non significa soltanto stipendio, ma anche dignità e coscienza di essere utile a se stesso e agli altri.

martedì 8 settembre 2009

PD 4 – Sostanza, non apparenza

Mentre molti analisti politici, anche del centro-destra, stanno individuando nelle scomposte azioni e reazioni di Berlusconi e dei suoi stipendiati le avvisaglie di un mai troppo prematuro tramonto corrusco del signorotto di Arcore, viene un bel po’ di rabbia nel pensare che se il centro-sinistra fosse riuscito a elaborare una strategia comune e a darsi un vero leader autorevole, invece di indulgere a guerre personali e intestine, forse la discesa del cavaliere potrebbe diventare un ruzzolone.
Un leader autorevole, dicevo, perché questo è l’unico aggettivo che è obbligatorio per identificare la prossima guida del Pd e poi – eventualmente e sperabilmente – dell’intero centrosinistra.
Quello dell’unico aggettivo non è una questione secondaria perché troppo si è sentito distinguere in questa fase di faticoso processo di nascita – o almeno di irrobustimento – del nuovo partito di “giovani” e di “vecchi”. Come se l’età potesse essere una discriminante nella scelta, a prescindere dall’autorevolezza, dalla lucidità, dalla capacità progettuale e da quella organizzativa, dall’esperienza, dalla intelligenza nella comprensione su quali siano i punti su cui si può mediare e quali siano quelli sui quali non si può fare nemmeno mezzo passo indietro.
Non sono certamente più di primo pelo, ma non ho nemmeno alcuna ambizione politica e quindi credo di poter dire con intatta credibilità che discriminare tra giovani e vecchi (qual è il confine, poi, tra queste due categorie?) avrebbe lo stesso valore di discriminazioni tra uomini e donne, tra imprenditori e avvocati, tra settentrionali e meridionali, e così via: cioè nessuno.
Quello che importa sono le parole che i candidati sono capaci di pronunciare o di scrivere. Perché le parole hanno di bello questo: che lasciano trasparire pensieri, valori, convinzioni, non facce, rughe o sorrisi. E in politica – almeno in quella che sogno io – sono i pensieri, i valori e le convinzioni, cioè la sostanza, a essere importanti; non l’apparenza.